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venerdì 4 dicembre 2015

post 180: paura di essere liberi (inedito 2015)



Ginevra non era una mia paziente ma un’amica.
Eravamo stati compagni di studi e fra noi c’era da sempre un bel rapporto, fraterno, nel vero senso del termine.
Quando pensavo a lei la vedevo sicura, realizzata nella vita professionale ed affettiva, ma sbagliavo.
Qualche settimana fa mi mandò un sms; era uno strano modo visto che normalmente quando c’incontravamo prima ci telefonavamo. Senza problemi, quel modo mi parve strano, come volesse sottintendere una sua necessità di riservatezza.
Prendemmo un caffè.
Parlammo delle nostre vite, dei figli, di lavoro. Tutto normale. La vedevo però in apprensione come non trovasse lo spunto per iniziare il discorso che voleva farmi. Per mia deformazione professionale abbreviai quella sua sofferenza.

“Che succede Ginevra?”

Mi guardò dapprima sorridendo quasi meravigliata. Tentò di dire qualcosa ma non ci riuscì, il suo viso si trasformò e una grinza sofferente lo rigò, i suoi occhi si riempirono di lacrime.

“Sono in un grande casino, non so cosa fare, sono presa da una paura che mi blocca e mi sta facendo distruggere tutto”.

Rimasi scosso, non tanto per quelle parole sofferenti che per il mio lavoro ero abituato a sentire, ma perché Ginevra è come una sorella. E vederla in quello stato mi rattristò.

“Con te posso essere sincera: sono ad un punto della mia vita che ho capito decisivo. Sono di fronte ad una scelta senza possibilità di ritorno”.

Non fu molto esplicita anche se intuii che fra lei ed il marito probabilmente c’erano problemi. E non mi sbagliavo. Parlò per quasi un’ora, raccontò dettagli e situazioni, compresi la sua necessità di sfogarsi e la feci fare. Ma senza arrivare alla sostanza del problema. Quando giunse al punto finale ci accorgemmo che in realtà coincideva con quello iniziale. Il non sapere cosa fare.

“E’ come se all’improvviso mi fossi svegliata da un profondo sonno: la mia vita era perfetta, un marito devoto, due figli. Un lavoro. Che cosa potevo desiderare di più? Eppure una sempre maggiore sensazione di noia, anzi disagio, ha cominciato ad invadere ogni mio momento. Ho resistito, l’ho allontanata dalla mente, eppure non si staccava. Sentirmi prigioniera dentro ad una gabbia senza possibilità d’evadere. Ed allontanarmi da mio marito. Sentirlo e provarlo insopportabile, fisicamente evitarlo, aggrappandomi ai figli come unico motivo di resistenza. Rassegnarmi.
Poi un giorno…”

La guardai dritto negli occhi.

“…un giorno ho incontrato un uomo”.

Sorrisi.

“Non è come pensi…”

“Io non sto pensando niente t’assicuro…”

Finalmente sorrise. Anche se il suo corpo tradiva il nervosismo che la dominava.

“Che t’ha fatto quest’uomo?”

Prese fiato prima di rispondere. Poi si lasciò andare. E mi spiegò.

“Lui è la luce, mi ha dato modo di guardare ciò che avevo sempre ignorato per paura d’affrontarlo, non mi sono mai sentita così viva”.

“Non ti chiedo i dettagli, sono irrilevanti, comprendo che sei di fronte ad un bivio”.

“Appunto…e credo di non avere le palle per affrontarlo…e così facendo sto perdendo tutto”.

“Parli di tuo marito?”

“No, non tanto lui, in fondo quella luce mi ha dato modo di capire chi è. Soprattutto gli sbagli enormi che ho fatto restandogli aggrappata come ad uno scoglio. Per paura di nuotare sola. Ma lui non capisce e mi tormenta. Probabilmente ho perso quell’uomo che mi ha illuminata perché s’è stancato delle mie paure. Ho deciso di ignorarlo per paura delle conseguenze, lui mi cerca sempre meno, perché io riesco solo fuggire senza spiegare. Credo d’averlo perso”.

Dai suoi occhi iniziarono a scendere lacrime disperate. La consolai. Capii la necessità che aveva della mia opinione. E non gliela negai.

“Sono certo di una cosa: tutti meritiamo di amare ed essere amati. E quando questa meravigliosa alchimia si crea contemporaneamente e reciprocamente fra due persone nessuno può intromettersi. Il resto sono scuse, compromessi, abitudini e consuetudini. Che possono spaventare ma nulla di più.
Amare non è argomento che riguardi la mente perché è un’energia che appartiene al cuore. La passione che ci travolge bisogna lasciarla fluire perché soltanto così riusciamo ad essere ciò che siamo, a crescere, a renderci migliori. Incatenarsi per paura ad una vita non nostra equivale ad imbrogliare noi stessi privando la nostra esistenza del suo vero significato.
Ginevra, amica mia, togliti prima che puoi gli abiti della vittima ed impara ad essere crudele anche se questo non ti piace. Solo così potrai sopportare la fatica necessaria a liberare il tuo mondo interiore, ciò che realmente sei, e la tua energia distorta dalla paura uscirà finalmente permettendoti di vivere. Realmente. Di colpo supererai il bisogno di sentirti protetta, distruggerai l’ipocrisia che sei costretta a sostenere, l’indecisione e la solitudine che ti limitano e ti sembrano l'unico finale possibile.
Quell’uomo non è perduto, lui ti sta solo aspettando, anche se a te pare un’ulteriore pesantezza da sopportare. Ma non è così. Credimi”.

Mi guardò e smise di piangere.

“Fallo prima che puoi; essere fedeli a se stessi è il più grande gesto di libertà che una persona può compiere”.


Ginevra sorrise e poi m’abbracciò.

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