Lo
so che dovrei pensare ad altro.
Che
questo non è certo il momento in cui far volare la mia immaginazione.
Ma
io sono così e non posso farci niente.
Se
ci fosse una specialità olimpica per chi sa riconoscere una donna interessata
ad un uomo io sarei un nazionale sempre convocato con serie possibilità di medaglia.
E’
sempre stato così: quel modo, che non saprei spiegare nemmeno mi pagassero, con
cui una donna ti guarda cambiando in pochi attimi da cordiale ad interessato
infine attratto, è per me così evidente da mettere in moto la mia testa e farmi
cominciare a volare.
Lo
so, e me lo ripeto, non è il momento e nemmeno la situazione ma è successo
ancora. E non posso farci niente.
Era
lì sola, nello studio, non pensavo ci saremmo trovati in quella situazione. Ma in
fondo dovevo solo firmare un documento. E quale
documento, ma questa è un’altra storia, anche se in realtà è una storia parecchio
legata seppure è un’altra ben distinta. Quindi ero lì e abbiamo parlato. Ovviamente.
Del resto cosa dovevamo fare. Ma subito ho percepito tensione nell’aria come essere
in bilico sulla fune a cento metri da terra. Un alito di vento avrebbe potuto
far precipitare tutto, in un secondo, chissà con quali conseguenza. Solite suggestioni,
m’imponevo di pensare altro, sicuramente sedotto dalla sua bellezza, giovinezza
e simpatia. Ma non riuscivo a convincermi. Anche cercando fra i miei dolori per
darmi una spruzzata di tristezza distraente. E intanto parlavamo, di certo non
sono una persona a cui le parole mancano, in un certo senso era come prendere
tempo e vedere cosa sarebbe successo. Anzi, per dirla sinceramente, dove e come
avremmo finito quel momento. E lo pensavo senza alcuna aspettativa, lo giuro, quasi
per un puro momento di leggerezza.
Ci
guardavamo e lì ho colto il suo cambiamento.
Ha
cominciato da quell’istante a farlo in quel modo che non so descrivere. E lì
me ne sono accorto definitivamente e non ho saputo oppormi come invece in precedenti occasioni pur percependolo ero riuscito a rifiutarmi di considerarlo. E forse pure lei se ne era
accorta perché penso che ogni mio tentativo di mascherarmi non facesse altro
che evidenziarmi; sorrideva, si sfiorava i capelli, giocava nervosa con un
ciondolo che aveva al collo sul quale c’era l’iniziale del suo nome.
Era
ed è bellissima, non lo dico a caso o per convenienza, questo è puramente un fatto.
Occhi scuri, viso perfetto, labbra carnose. Ma c’è di più oltre a questo: è
quel suo modo di guardare, di guardarmi, dolce non come puro moto suadente ma come
indole. Espressione d’una chiara intenzione. Una persona che subito vorresti
abbracciare perché sei certo che così ti sentirai sereno, rassicurato,
coccolato. Sicuramente una donna che sa amare.
Intanto
parlavo ed in realtà non era un monologo bensì un dialogo perché lei interagiva
convinta, poi si spostò all’altra scrivania, e non ho potuto evitare le sue
gambe. E pure il resto del corpo. Che in effetti avevo notato fin dalla prima
volta quando vomitai convulsamente tutta la mia sofferenza raccontando senza
filtri la mia vita, perché ero disperato, in cerca d’aiuto.
Lei
sa tutto di me, cazzo, il mistero con
lei non può più esistere. Un punto ipoteticamente a mio sfavore. Ma poi a che
penso -pensai- mentre continuavo a parlare cambiavo argomento che lei seguiva
ed integrava, è così giovane ed io di sicuro non lo sono di certo. Potrei
esserne il padre. Ma cosa importa? Sto forse facendo progetti su questa
persona? No. Appunto. Nessun progetto o proiezione soprattutto perché lei è
fidanzata, e me lo dissero subito le altre donne che lavorano con lei, mettendomi
simpaticamente in guardia come a volerla proteggere. Come se qualcosa fosse
stato percepito. Qualcosa di trapelato forse evidente. Forse.
Ma
che ho detto?
Ma
che ho fatto?
Dire
ad una donna che la preferisci fra molte può essere motivo di preoccupazione?
Facessero
scegliere a lei.
Eventualmente.
Eventualmente.
Ed
ancora a farmi domande e darmi risposte.
Un
dialogo furibondo nella mia mente mentre all’esterno imbastire argomentazioni
sensate, divertenti, accattivanti. Forse.
Insomma.
Ero
esausto.
Comunque
non era e non è il momento, e anche se invece fosse stato il momento, non lo poteva
essere. Perché non può esserlo. Ecco.
Eppure
quando le domandai del fidanzato non sprizzò quell’energia che ci si potrebbe
aspettare da una persona follemente innamorata.
Ma
che sto pensando -pensai- ed intanto continuavo a cianciare. Non potevo fare
altro. E non perché ci fosse un motivo che volessi nascondere se non quello di
sentirmi bene in quella situazione. Oltre al suo sguardo.
Che
dovevo fare a quel punto: proporre un caffè nel bar sotto lo studio? E se fosse
arrivato qualcuno proprio in quel momento?
Ma
che stavamo facendo, niente di male, anche se per un istante quando ci siamo
salutati ho sentito necessario baciarla. Oddio -pensai- parlo e penso al plurale come
se fra noi ci fosse una confidenza speciale, eppure non esiste nulla, però l’ho
fatto.
Eppure
ci baciamo, sulle guancie, un po’ intimo per il tipo di rapporto che abbiamo. Soprattutto
per il motivo per cui sono in quel posto. Eppure era già successo, anzi, avevo
voluto che succedesse ed era successo. Semplicemente, come sempre faccio, mi pongo
per come sono e sento perciò faccio. Mi andava di baciarla e l’ho baciata. Tenendole
la mano. Poi ci siamo fissati negli occhi, un istante infinito come se tutto si
fosse fermato, sospensione. E le mani continuavano a rimanere unite.
Non
avrei voluto andarmene anche se era necessario farlo, sarei restato anche solo
per godermi il suo profumo, ma sono uscito. D’istinto ho inventato qualcosa
mentre ero sulla porta, una scusa, pur di non sparire subito. Lottavo con me
stesso. Alla fine un altro saluto, da lontani, le ho mandato un bacio e lei ha
sorriso.
Troppi
eppure nella mia mente per farmi stare tranquillo.
Che
bella mattina però, allo stesso tempo una delle mattine peggiori della mia
vita, orribile a dire il vero.
Ironica
la sorte per come ed a cosa ti mette di fronte senza darti preavviso.
Almeno
i pensieri, per qualche minuto, hanno potuto vagare liberi e farmi sentire
vivo.
Come
lo sono sempre stato del resto.
Chissà
cosa ne sarà di noi, lo scopriremo solo vivendo, perché Battisti e Mogol ne
sapevano di queste cose.
Ed
io, a loro, ho sempre creduto.
Se
non altro per la quantità di dischi che hanno venduto.
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