“Professore
questa settimana ho sognato ogni notte, erano mesi che non accadeva, sono
impaziente di raccontarle tutto”.
Il
professore sorrise e fece in modo che iniziasse a parlare. Era da molto tempo che le sedute si trascinavano
stancamente e quel paziente appariva ad ogni appuntamento sempre più incartato
su se stesso. In realtà compresso dai problemi che stava vivendo dovuti alla
separazione dalla moglie, le preoccupazioni per i figli, e tante volte aveva
usato quello spazio sostanzialmente per sfogarsi senza però riuscire a buttar
fuori quella pesantezza che l’opprimeva. Il professore sapeva trattarsi solo di
una questione di tempo e quindi aveva dovuto solo aspettare. Si mise perciò subito
in posizione d’ascolto.
“Tre
sogni in particolare: il comune denominatore è la presenza di una donna. Una
donna vera, intendo dire, una persona che conosco realmente.
I
primi due sono pezzi di sogni che so essere molto più lunghi ma dei quali al
risveglio mi sono rimasti nella mente solo alcuni frammenti.
Il
primo. Stavo discutendo con mia moglie, la situazione era concitata, io nervosissimo
ed intorno a noi tante persone che ci guardavano ed ascoltavano. Mia moglie
insisteva insultandomi sempre più pesantemente ed io fremevo perché volevo
replicare ma era come se mi mancasse il fiato addirittura per parlare; all’improvviso
ho visto una faccia conosciuta in mezzo a quel gruppo d’ascolto. Ed era questa
donna. Ho provato una sensazione di tranquillità immediata.
Secondo
sogno. Stavo a letto, non ricordo con chi fossi, so che stavamo abbracciati
ed io mi sentivo a mio agio. Anche se non completamente ma senza capirne il
motivo. Stavo in una camera da letto che non riuscivo a riconoscere, sicuramente
non c’ero mai stato prima, la luce era fioca e attorno silenzio. Dopo un po’ volevo
lasciare quell’abbraccio, volevo dormire, lei si era addormentata
fra le mie braccia ed io mi sentivo scomodo. Ricordo di essermi mosso con
cautela per non destarla mentre sentivo il braccio sinistro rattrappito. Alla fine ci sono riuscito ed appena mi sono voltato quella donna
stava lì, seduta su di una poltrona. Mi guardava, sorrideva, il formicolio è
passato all’istante. Mi trovai nel letto solo mentre continuavamo a guardarci. Ero sereno. Fine del sogno”.
Il
professore segnava appunti sul suo taccuino come al solito; poi l’uomo si fermò
guardandolo come avesse la necessità d’un conforto per continuare. Il
professore annuì con il capo così ripartì spedito.
“Questo
è il sogno di stanotte. Camminavo per strada, passo veloce perché in ritardo,
nella mente il pensiero di dover comprare un mazzo di fiori. Poi un salto nel sogno.
Stavo nel corridoio di un ospedale camminando sempre a passo spedito e con un
grande mazzo di fiori in mano, fiori di campo, niente di costruito in un negozio
e confezionato a modo. Come se li avessi appena raccolti, un grande profumo di
erba, confusione di gente attorno.
Insieme
a me c’era un mio amico –Emanuele il mio migliore amico, lei lo ricorda
professore?- che disse sta per
accadere, dovevamo sbrigarci, non
possiamo perderci il momento. Io ed Emanuele iniziammo a correre per i corridoi dell’ospedale,
alla fine di uno abbastanza lungo c’era una porta a vetri, ricordo il mio respiro
affannato e qualche fiore staccato dal mazzo caduto sul pavimento. Ma non m’importava. Dovevo entrare
nella stanza oltre quella porta vetrata. Altro salto nel sogno. Stavo dentro,
da fuori qualcuno urlava qualcosa che non ricordo, capii che là dentro non sarei
potuto entrare. Ma io ero dentro. In una sala operatoria, anzi, una sala parto.
Alcuni medici con camici azzurri, una con un buffo copricapo colorato, tutti mi
guardavano ed erano felici. Sopra un lettino c’era una donna che aveva appena
partorito due bimbi che le stavano accoccolati in grembo. Il viso della donna era
coperto da un lenzuolo, non capii il motivo ma subito mi venne necessario guardare
i fiori che si erano seccati, dopo un istante mi girai e quella donna appena
diventata madre non era più coperta dal lenzuolo, le vidi il viso, era quella
donna. Ricordo d’aver provato un brivido violentissimo, lei mi sorrise dolcemente, io non sapevo cosa fare. D’istinto le diedi il mazzo di fiori che
era tornato fresco e profumato”.
Si
azzittì di colpo e sul suo viso un’espressione inebetita lo faceva risplendere. Guardò
dopo alcuni istanti il professore come aspettandosi una domanda. Che però non
arrivò. Quindi si mosse lui.
“Il
mio inconscio mi sta dicendo qualcosa?”
Il
professore sorrise.
“No
professore, non può essere, la mia vita è un casino assoluto. E poi quella
donna non c’entra nulla con me…lei ha la sua vita, non mi posso nemmeno
permettere di pensare ad una cosa del genere, per fare figli bisogna amare
quanto meno, non è possibile…”
“Ma
ne è così certo?”
Calò
il silenzio.
“Sinceramente…no”
disse abbassando la testa.
“Appunto”
Altro
lungo momento di silenzio. Poi lentamente alzò il capo e fissò negli occhi l’analista.
“Professore,
ma cosa sta succedendo?”
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