Aveva cercato
d’incontrarmi telefonandomi ogni giorno per quasi due settimane. Non era uno
dei miei pazienti ma il mio migliore amico, non mi sarei sentito a mio agio ad
accoglierlo in studio, proposi una cena e così riuscimmo a vederci. Fu un
susseguirsi di chiacchiere ma sentivo che “al punto” non s’era avvicinato.
Poi all’improvviso
le sue parole finirono, come se fino a quel momento gli fossero servite a
riempire uno spazio pieno d’imbarazzo, finalmente sentii che eravamo di realmente
fronte. Lo guardai e sorrisi come a fargli capire che poteva raccontare. Buttò
giù d’un sorso il caffè, s’accese una sigaretta, era tirato in viso. Esordì
abbassando lo sguardo e mi sembrò che le parole gli si fossero strozzate in
gola.
Mi venne da
sorridere, non riconoscevo l’amico che era sempre stato un fratello maggiore, sicuro
schietto e deciso. Il dubbio o l’incertezza non facevano parte di lui. La paura
non ero mai riuscito ad intravvederla nei suoi occhi.
Ma lì, di fronte
a me in quello stato, mi sembrò così piccolo ed indifeso.
Alzò lo sguardo
e lessi insofferenza nei suoi occhi, come ne fosse impregnato in profondità,
non riusciva a muoversi.
Gli appoggiai la
mano sulla spalla e per un attimo sembrò tornare a respirare dopo una lunga
apnea.
Non gli servirono
parole, il disagio che lo bloccava spiegava meglio di qualsiasi monologo possibile,
quei lunghi discorsi preliminari dove apparentemente aveva toccato l’argomento moglie
e figli erano stati sufficienti a farmi capire il peso della responsabilità che
si sentiva addosso, la paura di far soffrire per una scelta che andasse nella
direzione di ciò che sentiva, spiazzato per aver compreso chi era e percepirlo
indispensabile per continuare a vivere. Si stava distruggendo.
“Siamo incapaci ad
essere felici perché non siamo abituati a considerare ciò che esiste al di là d’una
frase di circostanza che fin da bambini abbiamo imparato a ripetere come un
mantra. “Voglio essere felice”. Ne siamo talmente convinti da pensare che basti
desiderare la felicità per viverla realmente credendo che quello sia tutto ciò che
ci serve e ci basta, non percepiamo null’altro e diventiamo inconsapevolmente succubi
d’un pensiero che appare assoluto, invece è vuoto e pieno solo di nulla. Ci siamo
imposti e piegati ad uno schema da seguire per adeguarci a ciò che il mondo in
cui viviamo fa ed ha sempre fatto. Ed all’apice di questo deformarci arriviamo
a considerare l’amore solamente ciò che fa soffrire, sicuri che senza dolore
l’amore non esiste, continuiamo come masochisti a cercarne qualche granello un
po’ ovunque. Quasi fosse la necessaria conferma ai nostri dubbi che ci spinge a
modificarci, modellarci, mascherarci da qualcuno che non siamo. E intanto le persone
giuste ci passano davanti e nemmeno ce ne accorgiamo perché siamo troppo
occupati ad accoppiarci con quelle sbagliate. Addirittura vivendoci se non sposandole.
Ma il giorno in
cui la sofferenza colma la nostra resistenza l’istinto di sopravvivenza ci fa
per un attimo staccare da quella condizione, allora e solo allora, riusciamo a
vedere altro. La verità che sempre è sfuggita d’improvviso ci fa aprire a
persone che sappiamo, senza averne prova, capaci di sconvolgerci la vita.
Semplicemente perché ogni volta che li avremo di fronte ci verrà spontaneo
chiederci se siamo veramente felici e non sentiremo forzatura nel domandarcelo
e nel darci una risposta sincera. Tutto cambierà d’improvviso. Smetteremo di
tenere gli occhi chiusi per paura della solitudine, smetteremo di idealizzare i
momenti belli passati come esempi da ripetere per essere felici dimenticando invece
che erano solo dei momenti, smetteremo di accoppiarci o farci accompagnare pensando
a quello come l’unico modo per togliersi una volta per tutte il problema dell’amore.
Ricordi quella
storia dell’uomo perso nel deserto che vaga senza meta alla ricerca disperata
della salvezza? Cosa scelse quando all’improvviso, dopo una lunga e faticosa
salita nella sabbia sotto un sole cocente, si trovò da un lato una bellissima
donna che lo invitava a seguirla e dall’altra una bottiglia d’acqua? Non esitò
un attimo e prese l’acqua. Perché necessario era sopravvivere. Quella donna era
un probabile momento di grande divertimento senza una sopravvivenza certa.
L’istinto ebbe il sopravvento.
Posso dirti solo
una cosa fratello mio: impara ad amarti veramente e così facendo troverai
davanti a te solo chi ti ama.
Fallo e non
smettere mai.
Questa è l’unica
possibilità che si ha per trovare la strada da seguire per raggiungere la
felicità che tanto desideriamo”.
Mi guardò negli
occhi per un istante, erano lucidi, fece un profondo respiro e poi m’abbracciò.
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