Mario, un
vecchio amico di mio padre, iniziò a parlare appena ci sedemmo a tavola. Quando
incrociò il mio sguardo non riuscì a trattenersi. Il suo lato sadico lo spinse
un’altra volta con perfidia ad attaccarmi. Mi chiese come andasse il lavoro, con
quel suo solito tono fra il sibillino e il paraculo, e quindi come procedeva la
mia carriera di scrittore. Disse quelle tre parole –carriera di scrittore- come
se le volesse evidenziarle in giallo per attirare l’attenzione di tutti i
commensali. E quando sentì d’aver raggiunto lo scopo, cambiando tono sembrando
addirittura dimesso, chiuse domandandomi perché nella sua libreria di fiducia,
nella quale da anni era noto cliente, non si trovasse alcuna mia
pubblicazione. Lasciando tutti in sospeso, guardanti, in attesa di una mia
risposta che li rassicurasse.
Servirono le
fettuccine al ragù e restai concentrato su quelle.
Quella parola mi
è sempre suonata strana; pubblicazioni mi sa di vecchio, come quell’uomo del
resto. Di un’epoca che non esiste più, l’epoca del paltò o del telefax, oppure
del fiscalista.
Continuava ad
osservarmi con aria compiaciuta perché non rispondevo come lui, e tutti al
tavolo in verità, aspettava ed aspettavano.
Non gli ero mai
stato troppo simpatico e appena poteva mi aveva sempre punzecchiato in maniera spesso
cattiva. Forse perché gli evocavo qualcosa, ero quello che lui non aveva mai
avuto il coraggio d’essere, uno che ha sempre rinunciato alle scorciatoie comode
per intraprendere i soli percorsi che sentiva consoni.
Mario non sapeva
però che quella domanda, ed in generale subire atteggiamenti spocchiosi se non
ostili, mi era stata posta tante volte da persone del suo genere. E quanto spesso
ero entrato in crisi arrivando a pensare che forse un fondo di verità in quelle
parole ci fosse. Per poi arrivare alla vera dimensione della cosa grazie e solo
al tempo. Quindi ignorava l’esistenza d’una corazza resistente che m’aveva reso
insensibile a quel tipo di bordate vigliacche.
Decisi di farlo aspettare,
metaforicamente, dalle fettuccine della sua domanda fino al caffè della mia
risposta. Per farlo crogiolare nella sua idea d’avermi fottuto.
Senza preavviso,
guardandolo dritto negli occhi e usando tutta la sincerità e l’onestà che mi
compongono, dopo aver bevuto il caffè partii senza esitare.
“Di scrittori,
in generale di artisti, ne esistono di varie forme. Ci sono quelli puramente
commerciali che “fanno” solo per guadagnare denaro. Ci sono altri che vivono il
loro momento perché interpretano e perciò “fanno“ prodotti adatti alla moda d’una
stagione e comunque con l’unico fine unico di fare soldi. Poi c’è un altro
gruppo di artisti che credono di essere dei prescelti –da chi poi non si sa…- e
quindi sono concentrati solo sul loro desiderio d’essere unici ed irripetibili
ignorando il fatto di proporre opere incomprensibili, autoreferenziali, con
l’unico obiettivo di gratificare il proprio ego frustrato. Ci sono poi i veri artisti
che mirano solamente al successo ed al riconoscimento sociale meglio se condito
da denaro.
Infine ci sono
quelli come me.
Derelitti, disgraziati,
dolenti. Che vivono con pena l’insensibilità e l’arroganza del loro tempo e
sanno che solo quando questo sarà passato verranno riconosciuti. Senza un
quattrino in vita destinati ad una morte anonima e senza gloria.
Io, caro Mario,
so che vivrò in questa maniera ma fra 150 o 200 anni il frutto del mio lavoro
sarà ancora vivo e continuerà a rifiorire. Perché io non scrivo per me, ma
neppure per te e per nessuno di voi qui seduti a questo tavolo, io scrivo per
quelli che ora non sono nemmeno un pensiero. Per quelli che nasceranno fra
decenni, per quelli che sapranno comprendere il vero valore, per quelli che
grazie al loro amore riconoscente mi renderanno immortale, per quelli che
accoglieranno la mia eredità come spunto per far riflettere le loro coscienze”.
Mario ebbe un
sussulto e quasi si soffocò con il caffè.
“Mi guardi come
fossi un pazzo, in preda ad un delirio d’onnipotenza, lo comprendo.
Respira sereno.
So che quanto t’ho
appena detto è incomprensibile ma non è una tua colpa, tu sei solo un prodotto
inconsapevole, in fondo una vittima che nemmeno si rende conto d’essere stata
sacrificata tante volte.
I miei libri, se
li vuoi trovare, basta saperli cercare.
Ma prima devi
capire cosa è per te necessario e quando l’avrai fatto, se ci riuscirai, tutto sarà
chiaro e sarai pronto per leggermi”.
Mio padre
deglutì nervosamente.
Mario rimase
muto per il resto della serata.
Da quel giorno
il suo modo di guardarmi cambiò.
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