“La situazione
in cui mi trovavo, professore, era veramente orribile. Pensavo d’avere tutto,
di essere nella condizione d’una felicità ovvia, invece stavo male e soprattutto
non ne capivo i motivi. Non vedevo la realtà e nemmeno il suo aiuto m’ha mai giovato.
Mi sentivo schiacciato anche se continuavo a ripetermi che tutto andava bene, era
una cosa insopportabile che avevo accettato come irreversibile, poi finalmente e
senza preavviso ho preso consapevolezza e tutto s’è schiarito. Senza saperne il
perché, ma è successo, finalmente respiro aria fresca”.
Lo guardai credo
dimostrando soddisfazione per quelle parole che udivo e percepivo vere per un
senso di profondità visto il tono e la postura usati nel pronunciarle.
“Ho cambiato
atteggiamento. Come se fisicamente mi fossi spostato cambiando l’angolazione
del mio punto d’osservazione.
Ho smesso di
giustificare.
Ogni volta che
nella vita qualcosa non andava come desideravo istintivamente giustificavo le
altre persone coinvolte e quindi lo facevo con me stesso. Tante volte mi è
successo, nel lavoro, nelle amicizie, nei rapporti d’amore. Ero pronto ad
ascoltare, ad accogliere, a comprendere. Anche l’improponibile. Credendo d’essere
io in difetto, comunque disponibile a cambiare per gli altri, insensibile a me
stesso considerando sempre più la possibilità d’essere fallato da qualche
parte. Il giusto stava altrove e soprattutto in ciò che mi sentivo raccontare. E
pensavo fosse normale così, l’unica strada da seguire, quella utile e corretta. Ma
tutto non si risolveva, anzi, s’intricava ancor di più.
Ho cominciato a
non accettare più le scuse: e subito situazioni e persone a loro legate mi sono
sembrate piccole ed insignificanti. E di conseguenza non mi sono più
giustificato con me stesso e ciò che ho visto davanti a me è stata solo la
verità. Quel senso d’inadeguatezza, o senso di colpa, ha cominciato a dissolversi”.
Evidentemente la
mia espressione lo convinse a procedere senza più incertezza, non che ne avesse
dimostrata, ma forse per pudore o paura d’essere preso per sciocco e presuntuoso
l’avrebbe potuto fermare.
“Oggi molte di
quelle cose dolenti mi fanno sorridere: le persone che si nascondono dietro ad
un dito, o meglio, quelle che per mascherare la loro pochezza o la loro
malafede cercano riparo dietro ad una banalità appena plausibile. Le persone
che non sanno amare o impongo il loro modo di farlo, le persone che cercano
solo convenienza, le persone maligne, le persone che si nutrono della sincerità
altrui, le persone ipocrite, le persone inconsapevolmente sciocche e
consapevolmente rassegnate, le persone che continuano a restare ferme ai loro
dodici anni anche se ne hanno quaranta.
E’ diventata
fastidiosa epidermicamente la vicinanza a persone bloccate, che non vogliono
evolversi, che continuano a ripetere come un mantra ho paura, ho paura, ho paura.
E’stato come
mettere per la prima volta gli occhiali da vista dopo anni di negazione -a me
stesso- riguardo l’esigenza di usarli e capire che con quelli inforcati, cazzo, è come vedere la tv in alta
definizione e pure i dettagli si colgono benissimo perché li vedi chiari e a
tutto schermo! Eppure fino a poco prima ero soddisfatto anche da un tutto
globalmente sfuocato che mi sembrava anche poco convincente”.
Si fermò come
attendendo una mia replica. Non lo volli interrompere sentivo che c’era altro.
L’uomo sorrise,
mi parve veramente sereno, fece un respiro poi si voltò verso la finestra e lo
vidi ispirarsi da quello che vedeva fuori. Parlò guardando attraverso il vetro.
“Vede
professore, la fuori c’è la vita, ma c’è pure la morte. La passione e la
tragedia, la verità e la finzione, la gioia ed il dolore. Io non ho più paura,
anzi, ho solo voglia di vivere tutto realmente. E chi mi accompagnerà dovrà
meritarsi il posto accanto a me come io quello al suo fianco, niente più scuse,
il tempo perso è solo ragione d’inutile sofferenza. Ogni giorno mi ripeto: chi
mi ama veramente abbia il coraggio di seguirmi com’è. Ammettendosi e
accettandosi, vizi e virtù, entusiasta di vivere da adulto la vita magari insieme a qualcuno”.
Fece una pausa,
si voltò verso di me, tornò serio in volto.
“Era solo una
grande paura a bloccarmi, quella d’ammettere che nella vita si cresce e si
diventa adulti, forse quei cordoni ombelicali che lei mi ha citato tante volte e
che mai ho pensato di tagliare.
Mi sento pronto
a combattere consapevolmente la sensazione che non ti vuole far allontanare dal
mondo facile e dorato della fanciullezza. Il mio tempo è venuto, i cordoni li ho tagliati, devo sgranchire questo gambe rattrappite e fare i primi passi
per poi imparare a camminare e forse un giorno essere pronto per una corsa”.
L’espressione
seria divenne un sorriso. Mi guardò fisso negli occhi.
“Ho capito di
essere finalmente adulto, maturo forse come un frutto, di certo non più un
bambino che quando è insoddisfatto sa solo diventare lagnoso.
Tutto è molto
più difficile ma, sinceramente, sono impaziente d’affrontarlo.
Niente più
scuse.
La direzione
ora è certa”.
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