Sembra
impossibile pensare che certi rapporti finiscano.
Come un
cataclisma che nel sonno ti coglie senza avviso e distrugge tutto, una forza
inarrestabile che ribalta le certezze ed insinua dubbi su tutto quello che è stato,
e ti trovi steso a terra quasi incapace di respirare.
Ma così accade.
La delusione ed
il disappunto t’inghiottono, la vita sembra inutile come una farsa mal scritta,
ti senti incapace d’una minima reazione quanto meno un gesto che sia degno per
te stesso. E resti lì steso, immobile, passivo.
E’ terribile;
una sensazione che nemmeno al tuo peggiore nemico augureresti, ma la devi
vivere fino in fondo prima di risollevarti, e dopo potrai risorgere.
Perché lo
spirito di sopravvivenza alla fine prende naturalmente il sopravvento. Come una
febbre che deve fare il suo corso ma devi soffrire, sudare, inerme solo
attendendo che passi.
E lì prende
forma il miracolo.
Non te ne
accorgi ed inizi ad accantonare le scuse e gli alibi.
Verso di te, verso
la persona che ami, che credevi necessaria alla tua vita. E lì comincia il salto
nella nuova dimensione: quella della realtà. Ma prima di ripartire c’è un altro
duro tratto da percorrere.
Perché quando
ami, o credi di sentirti in quello stato fai di tutto per continuare a cercare
conferme anche dalle piccole sfaccettature, sei disposto ad accettare tutto,
incluse le peggiori nefandezze che il cuore impone d’accettare anche quando non
comprende. Perché dietro dev’esserci un motivo, una scusa, qualcosa di
plausibile a cui aggrapparsi. E anche quando tutto sembra dirti il contrario
resisti fino ad accettare l’inaccettabile. Diventi penoso. Ma procedi,
inesorabile, perché una soluzione da qualche parte si deve trovare e la vuoi
trovare. Sentendoti responsabile, una colpa che comincia a condizionare ogni
azione ed ogni pensiero, ti trasformi in chi non sei per costruire una
giustificazione in funzione dell’altro. Per salvare o dare una possibilità a
ciò che era intoccabile. All’amore che hai sempre creduto di vivere.
Ma non è più
amore.
Sei già nel
tempo e nello spazio del non amore: quel sentimento in cui avevi creduto, nel
quale avevi riversato ogni energia, era solo una costruzione del tuo desiderio
d’essere amato. E nulla più. E’ come un pugno dritto nello stomaco, la realtà
che si palesa inevitabile, e ti manca il fiato. Non riesci nemmeno a piangere,
ad urlare, disperarti con qualcuno che voglia ascoltarti sperando ti possa
consolare. Stai già oltre, e non te ne accorgi, disinnamorato anzi
disintossicato. E ogni cosa o pensiero o azione che la persona su cui avevi
puntato fa diventa insufficiente, anche le sue migliori doti e rappresentazioni
diventano irrilevanti, per trasformarsi infine in un fastidio che vuoi solo
evitare.
Sei quasi salvo.
L’amore va e
viene: quando arriva sembra facile toccare il cielo con in un dito e ti senti
invincibile, quando se ne va lotti per non lasciare quella sensazione tanto grande.
E’ duro d’accettare ma infine s’impara ad accogliere ciò che la vita propone.
Soffrendo, o forse così è semplice rappresentare quello che si prova, per poi volgere
lo sguardo altrove alla ricerca d’aria nuova e fresca da respirare quando s’è
saturi di tutta quella pesantezza.
Infine la si
trova.
E tutto quello
che si è vissuto si riduce entro i contorni di un romanzo, triste forse
drammatico, certamente una storia che però non spaventa più perché ne conosci il
finale.
Essere se stessi,
finalmente, e smettere di mentire per nascondersi dalle più profonde e nascoste
paure.
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