A proposito di
conoscenza.
Perché si studia la
storia?
Anzi, perché si dovrebbe
studiare la storia?
Ricordo questa domanda
postaci dal professore di storia un giorno a lezione, in seconda media, varie le
risposte.
Per imparare dagli sbagli commessi nel passato […] per
capire chi siamo e da dove veniamo […] per conoscere la cronologia degli eventi
che hanno più influito sull’umanità […]
A quell’epoca pensai che
un buon motivo per il quale eravamo obbligati a farlo fosse la necessità di
essere promossi a fine dell’anno scolastico.
Ma, giuro, me ne restai
zitto con quella mia convinzione.
Ero giovane, sicuramente
ingenuo, ma pure non inquinato da tante cose che poi sono stato costretto a
vedere e vivere. Quello mi pareva un buon motivo, oggi ho capito che c’era pure
dell’altro, anche se ascoltai ciò che disse il professore.
La storia insegna, attraverso l’osservazione dei fatti e
delle esperienze passate, ad avere un’opinione.
Così rispose, tutti lo
guardammo senza capire molto, in fin dei conti ragazzini di undici anni non
hanno molte opinioni se non quelle copiate dagli adulti in genere. Dai genitori
in particolare.
Personalmente ho sempre
trovato il passato più interessante del futuro. Solo per il fatto che
parlandone si fa riferimento a qualcosa di vero, d’accaduto, contrariamente a
ciò che si può considerare al massimo un’ipotesi. La storia del passato è il
racconto della vita delle persone. Persone vere protagoniste di storie vere. Un
crocevia necessario per avere la certezza d’un punto iniziale da cui partire
verso un futuro che possa contenere le nostre convinzioni, forse, i nostri
sogni.
Ben inteso: mi riferisco
alle vere storie, quelle di cui siamo certi, non alle ricostruzioni di parte.
Mi sono perciò sempre
posto tante domande studiando la storia dell’umanità ma tre sono i fatti su cui
ho passato del tempo a riflettere.
Il primo fatto.
I morti causati delle
guerre.
Una contabilità
raccapricciante riportata nei libri - a scuola - in modo asettico, come puro
fatto inevitabile, sottolineando invece come essenziali date, cause ed effetti
dei conflitti. E questo bastava per evitarci un dubbio o perdere tempo a
riflettere.
Forse un modo che fin da
subito c’ha istruito a non pensare.
Prendiamo a caso quattro
vicende storiche ben note.
Guerra dei trent’anni:
una serie di eventi bellici avvenuti in Europa nella prima metà del 1600. Circa
4.000.000 i morti.
Rivoluzione francese e
guerre napoleoniche: dalla fine del 1700 al 1815 circa. 5.000.000 di morti.
Grande guerra: dal 1914
al 1918. 26.000.000 di morti.
Seconda guerra mondiale:
dal 1939 al 1945. Quasi 54.000.000 di morti.
Il secondo fatto.
Il sistema feudale.
Nella prima metà del
1300 l’uomo (almeno nel continente europeo) si diede un ordine preciso quanto
definitivo di società.
C’era chi comandava e
stava in alto nella scala sociale – un governante, quasi sempre un re o un
nobile di alto rango, ma anche un’alta carica religiosa – poi sotto categorie a
discendere d’importanza - vassalli, valvassori, valvassini – poi c’erano i
contadini liberi ed infine, sotto a tutti, i servi della gleba.
Fu questo il primo
grande sistema di gestione sociale, passato attraverso – e frutto di - tante
esperienze precedenti che tutt’oggi, con forme e modalità apparentemente
differenti, resiste.
Il terzo fatto.
Il 6 agosto 1945, con la
bomba atomica esplosa su Hiroshima, gli equilibri dell’umanità cambiarono
definitivamente. Ma non rispetto all’ordine sociale – in senso assoluto - ma
solo rispetto al modo di farlo valere ed accettare.
La storia è importante.
Importante è pure non
farsi ingannare da essa.
Nel senso che si possono
conoscere date, nomi, situazioni…ma non bisogna mai dimenticare i morti, i
tanti morti serviti a creare un ordine necessario a controllare chi è restato
in vita, e pure i modi o le tecniche utilizzate per farlo. Tutte le scelte
hanno una conseguenza, pure un prezzo da pagare, ma anche un limite
insuperabile da rispettare pena l’annientamento globale. Sono i parametri da
controllare in una guerra: quindi, non conta quanto morti servono, bastano
quelli necessari allo scopo. L’ordine sociale è garantito dalle gerarchie: chi
sta sopra (pochi) comanda chi sta sotto (tanti). Non conta quali mezzi vengono
usati per le guerre e la gestione dell’ordine sociale, basta soltanto siano
efficaci e possibilmente gestibili, onde evitare una ritorsione degli stessi
contro a chi li usa.
Importante è perciò
comprendere la storia nella sua vera essenza e non solo per come ci viene
raccontata per poterne percepire, si spera, il significato.
Faccio un esempio, che
so possa sembrare paradossale, ma credo possa farmi meglio comprendere. Molti
conoscono il Mein Kampf di Adolf
Hitler. E’ il proclama politico della follia di un uomo, diventata collettiva
con il nazismo, censurato dopo la chiusura tragica di quel periodo storico.
La maggior parte delle
persone, pur non conoscendo quel testo perché mai l'ha letto, tende ad
indignarsi appena sentito nominare.
Eppure milioni sono le
copie vendute, perché quindi? Quel’è il senso profondo che quel libro possiede?
Giustificare pensieri e
azioni di qualcuno convincendosi della necessità d’una assoluzione sui fatti
per arrivare in sostanza a darsi un perché rispetto a qualcosa che
razionalmente un perché non ce l’ha. E’ questa l’istintivo pensiero, quasi
globalmente accettato, che può dare all’uomo medio un senso di spiegazione
dell’argomento.
Se si scava più in
profondità invece c’è altro: quel libro è la misura esatta di ciò che ha sempre
subdolamente guidato ogni atto umano, ovvero, la necessità del potere. E nello
specifico la forza – soprattutto economica - che si possiede mascherandosi
dietro ad una facciata mediante un documento storico che nessuno dovrà mai
dimenticare.
Per chi l’ha scritto e
forse subito evidente, per chi lo detiene oggi un po’ meno.
Forse non tutti sanno
che il Mein Kampf di Adolf Hitler è
attualmente in commercio nella gran parte del mondo, negli Stati Uniti il libro
si può acquistare liberamente nelle librerie e via internet. Il governo
americano s’impossessò infatti dei diritti d’autore già nel 1941 in seguito
all’entrata degli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale come parte del With
the Enemy Act e che nel 1979 la Houghton Mifflin acquistò i diritti dal governo
stesso. Ed ogni anno ne sono vendute più di 15.000 copie. Barenes & Noble
lo vende a 13$ e rotti...
Che significa questo?
Business is business.
A prescindere da tutto e
da tutti. Sopra tutto e tutti.
L’ottenimento del potere
– per esempio attraverso la gestione e vendita d’un libro - rappresenta una necessità
insita nella natura umano. Ieri e l’altro ieri con guerre devastanti, oggi con
guerre che hanno occupato territori diversi.
Tanto per essere chiari.
Non ci fu solo questo
durante il periodo della dittatura nazista. In tanti altri hanno fatto business
approfittando cinicamente di quell’opportunità. Per esempio: le filiali
tedesche della KODAK durante la Seconda Guerra Mondiale utilizzavano schiavi
provenienti dai campi di concentramento. Il famoso HUGO BOSS nel 1930 disegnò e
produsse le uniformi naziste (Gioventù hitleriana, Sturmtruppen, SS). La
VOLKSWAGEN, Ferdinand Porsche il suo ideatore, fu l’uomo scelto da Hitler per
progettare e costruire la “vettura del popolo” – il maggiolino -. La BAYER.
Azienda farmaceutica nata nel dopoguerra era una costola dell’originaria IG
Farben, società diventata economicamente potente durante il nazismo perché
produttrice del Zyklon B, il gas usato nei campi di sterminio…oggi invece
ricordata come la più importante venditrice dell’aspirina. E ancora: la SIMENS
che utilizzò enormi quantità di schiavi in generale durante quel periodo, in
particolare, con essi ci costruì le camere a gas nei campi di sterminio. La
COCA-COLA che giocò opportunisticamente sui due fronti: sostenendo le truppe
alleate – americane in primis - ma continuando a produrre e vendere soda alla
Germania nazista. E quando nel 1941, in Germania le materie prime – sciroppo
necessario per fare la Coca-Cola – scarseggiavano s’inventò una nuova bevanda
specifica per loro chiamata Fanta. Questa bibita è stato la bevanda ufficiale
della Germania nazista. HENRY FORD fu forse il più celebre industriale
antisemita sostenitore di Hitler. E questo basta…
La STANDARD OIL (oggi
divenuta ExxonMobil, Chevron e BP) fu la principale fornitrice di combustibili
per la Luftwaffe. CHASE BANK, famoso istituto di credito americano, si schierò
apertamente dalla parte dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale
congelando, per esempio, i conti europea dei suoi clienti ebrei. Infine la IBM
che costruì macchine per i nazisti…
Questi fatti come questi
sono parte della storia da conoscere?
Si, certamente.
Fatti come questi sono
in grado di formare un’opinione in quanto storia?
Si, a patto che li si
consideri non solo per quello che raccontano o che c’è stato raccontato ma per
quello che rappresentano. E, come in questo caso, l’essere un puro strumento di
rivendicazione del potere e contestualmente una giustificazione dei modi usati
ad esprimerlo.
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