Deluso
dall’epilogo della relazione con Silvia,
Maurilio si fermò a riflettere.
Forse, per la prima volta, si guardò allo specchio e con implacabile onestà
riuscì a farsi uno scrupoloso esame di coscienza. Capì molte cose e decise di
correre ai ripari. Quegli anni sfrenati l’avevano cambiato. In fondo essere pluri-over-mega milionario a lui non
interessava troppo. Tutto quel tutto
era per lui superfluo. Si rese conto di aver perso di vista i veri valori della
vita. Decise di cambiare, un’altra volta, quella sarebbe stata definitiva.
Interruppe
la campagna elettorale, vendette tutte le aziende, le televisioni, le sue
partecipazioni nel cinema. Costruì con il novanta per cento dei ricavati alcune
strutture per bambini disabili. Restò sei mesi in una clinica specializzata a
disintossicarsi. Quando uscì era un uomo nuovo, pulito dentro e fuori, con
cicatrici profondo in via di guarigione, con la voglia sincera di ripartire. Finalmente
volta verso una direzione voluta.
Telefonò ai suoi vecchi
amici, Iames, Alfredino, Venanzio.
Partirono con delle vespe prese a noleggio verso est, un viaggio per aprire una
nuova stagione della vita. E quel muoversi, senza una meta stabilita ma con la
sola voglia di godersi quello che poteva proporsi, si trasformò in ciò che
nemmeno nei suoi sogni migliori avrebbe osato pensare.
Una mattina di giugno
partirono. Si fermarono ad un bar per fare colazione: e subito il destino ci
mise lo zampino. Mentre i quattro decidevano le strategie della giornata,
dietro di loro, un vespista trentaseienne di nome Rodrigo Baiolazzi origliava impunemente. L’intruso, appena
accortosi d’essere stato notato, irruppe con un sorriso di circostanza dicendo
“…anche io vado ed est e guido una vespa…”
auto imponendosi, di fatto, alla comitiva. I quattro, non volendo sembrare
razzisti o chissà che altro, lo accettarono. Qualche sospetto di una scelta
forse un poco troppo magnanima il gruppo cominciò ad averlo alla ripartenza
quando Rodrigo si presentò in
ritardo. Non un ritardo clamoroso, pochi minuti, si era attardato a leggere la
pagina sportiva mentre stava alla toilette, ma sufficienti per farlo guardare
con crescente sospetto. Vedendoli schierati in attesa calzò velocemente il suo
vecchio casco in pelle e, dopo essersi infilato dei ray-ban specchiati a goccia, si bloccò. Scrutò le vespe dei quattro
notando che nessuno aveva caricato un sacco a pelo. Poi guardò la sua. Lui
l’aveva. Li guardò e senza attendere risposta partì gridando d’aspettarlo.
Perplessità incrociò negli sguardi dei compagni di viaggio. Dopo oltre mezz’ora
si tornò con il sacco a pelo ancora caricato affermando d’averci ripensato.
Primi attimi di sconforto nel gruppo poi, finalmente, partirono. Direzione Est.
Dopo ore di viaggio il gruppo, superato abbondantemente il confine, decise per
una sosta pranzo.
Trovarono
una trattoria a ridosso del mare in un piccolo paesino di pescatori. Uno
splendido golfo rovinato all’orizzonte dalla ciminiera di una centrale nucleare
che rendeva quell’incantevole quadro un’opera post-futurista, uno scempio che
gettò un’ombra cupa sulla voglia di poesia. Ma la fame ebbe il sopravvento.
Scampi e vino bianco a volontà restituirono il sorriso alla truppa. Durante il
pranzo Rodrigo iniziò un
interminabile monologo sulle donne, cioè, il suo personale punto di vista sul
genere. Raccontò la sua tristissima storia, lasciato dalla fidanzata per il suo
miglior amico, tutta l’amarezza che provava. Il suo umore era simile
all’effetto della centrale nucleare che rovinava la vista. Il gelo calò
implacabile fin quando, dopo i caffè e gli amari, Rodrigo propose una meta per la notte. Posto in cui aveva delle
conoscenze anzi qualcosa in più, insomma per la notte, nessun problema. I
quattro si guardarono sorpresi ed anche un po’ sollevati. Forse non era stata
una brutta idea portarselo con loro. Pensarono prima di ripartire.
Rasserenati
da un magnifico tramonto giunsero, oramai a notte fonda, alla meta prospettata.
Rodrigo entrò in bar, cercò un
telefono, e compose un numero con aria sicura. I quattro, stravolti dalla
fatica, lo aspettarono fuori osservando la scena dalla vetrina. La telefonata
durò solo qualche secondo, Rodrigo
uscì e con imbarazzante naturalezza comunicò che lui avrebbe dormito nel bosco.
In fondo si era portato apposta il sacco a pelo. Un istintivo sentimento di
giustizia sommaria percorse il gruppo come un brivido gelato lungo la schiena.
L’intruso fu risparmiato a condizione che immediatamente avesse abbandonato il
gruppo. Rodrigo accese la sua vespa e
si dileguò e di lui non si ebbero più notizie.
Passarono i giorni.
Passarono i luoghi.
Maurilio con i suoi amici e la magia di quei luoghi si sentiva
rinascere. E il finale, per lui, avrebbe riservato la più grossa ed inaspettata
sorpresa. Una mattina si svegliò prima di tutti e si sedette a sorseggiare
caffè nella veranda di un cottage che avevano affittato, nel mezzo di una
foresta di abeti. Era un posto magico, si udiva solo il rumore degli uccelli e
lo scroscio di una cascata che scorreva poco distante, all’improvviso sentì il
suo nome. Si girò di scatto nella direzione dalla quale proveniva quel suono.
Sgranò gli occhi incredulo: Italia
stava facendo colazione nel cottage vicino e correva verso di lui per
abbracciarlo. Erano quasi tre anni che non si vedevano. Iniziarono a parlare
come se tutte le incomprensioni del passato si fosse azzerate in un istante. Si
dissero finalmente quello che non avevano mai osato dirsi divenendo le due
perfette metà di un unico mondo.
E da quel giorno, la
vita di Maurilio Biasetti, si
trasformò in qualcosa che meritasse di essere vissuto.
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