Ginevra non era una mia paziente ma un’amica.
Eravamo stati
compagni di studi e fra noi c’era da sempre un bel rapporto, fraterno, nel vero
senso del termine.
Quando pensavo a
lei la vedevo sicura, realizzata nella vita professionale ed affettiva, ma
sbagliavo.
Qualche
settimana fa mi mandò un sms; era uno strano modo visto che normalmente quando
c’incontravamo prima ci telefonavamo. Senza problemi, quel modo mi parve
strano, come volesse sottintendere una sua necessità di riservatezza.
Prendemmo un
caffè.
Parlammo delle
nostre vite, dei figli, di lavoro. Tutto normale. La vedevo però in apprensione
come non trovasse lo spunto per iniziare il discorso che voleva farmi. Per mia
deformazione professionale abbreviai quella sua sofferenza.
“Che succede Ginevra?”
Mi guardò
dapprima sorridendo quasi meravigliata. Tentò di dire qualcosa ma non ci
riuscì, il suo viso si trasformò e una grinza sofferente lo rigò, i suoi occhi
si riempirono di lacrime.
“Sono in un
grande casino, non so cosa fare, sono presa da una paura che mi blocca e mi sta
facendo distruggere tutto”.
Rimasi scosso,
non tanto per quelle parole sofferenti che per il mio lavoro ero abituato a
sentire, ma perché Ginevra è come una
sorella. E vederla in quello stato mi rattristò.
“Con te posso
essere sincera: sono ad un punto della mia vita che ho capito decisivo. Sono di
fronte ad una scelta senza possibilità di ritorno”.
Non fu molto
esplicita anche se intuii che fra lei ed il marito probabilmente c’erano
problemi. E non mi sbagliavo. Parlò per quasi un’ora, raccontò dettagli e
situazioni, compresi la sua necessità di sfogarsi e la feci fare. Ma senza
arrivare alla sostanza del problema. Quando giunse al punto finale ci
accorgemmo che in realtà coincideva con quello iniziale. Il non sapere cosa
fare.
“E’ come se
all’improvviso mi fossi svegliata da un profondo sonno: la mia vita era
perfetta, un marito devoto, due figli. Un lavoro. Che cosa potevo desiderare di
più? Eppure una sempre maggiore sensazione di noia, anzi disagio, ha cominciato
ad invadere ogni mio momento. Ho resistito, l’ho allontanata dalla mente,
eppure non si staccava. Sentirmi prigioniera dentro ad una gabbia senza
possibilità d’evadere. Ed allontanarmi da mio marito. Sentirlo e provarlo insopportabile,
fisicamente evitarlo, aggrappandomi ai figli come unico motivo di resistenza. Rassegnarmi.
Poi un giorno…”
La guardai
dritto negli occhi.
“…un giorno ho
incontrato un uomo”.
Sorrisi.
“Non è come
pensi…”
“Io non sto
pensando niente t’assicuro…”
Finalmente
sorrise. Anche se il suo corpo tradiva il nervosismo che la dominava.
“Che t’ha fatto
quest’uomo?”
Prese fiato
prima di rispondere. Poi si lasciò andare. E mi spiegò.
“Lui è la luce,
mi ha dato modo di guardare ciò che avevo sempre ignorato per paura
d’affrontarlo, non mi sono mai sentita così viva”.
“Non ti chiedo i
dettagli, sono irrilevanti, comprendo che sei di fronte ad un bivio”.
“Appunto…e credo
di non avere le palle per affrontarlo…e così facendo sto perdendo tutto”.
“Parli di tuo
marito?”
“No, non tanto
lui, in fondo quella luce mi ha dato modo di capire chi è. Soprattutto gli
sbagli enormi che ho fatto restandogli aggrappata come ad uno scoglio. Per
paura di nuotare sola. Ma lui non capisce e mi tormenta. Probabilmente ho perso
quell’uomo che mi ha illuminata perché s’è stancato delle mie paure. Ho deciso
di ignorarlo per paura delle conseguenze, lui mi cerca sempre meno, perché io riesco
solo fuggire senza spiegare. Credo d’averlo perso”.
Dai suoi occhi
iniziarono a scendere lacrime disperate. La consolai. Capii la necessità che
aveva della mia opinione. E non gliela negai.
“Sono certo di
una cosa: tutti meritiamo di amare ed essere amati. E quando questa
meravigliosa alchimia si crea contemporaneamente e reciprocamente fra due
persone nessuno può intromettersi. Il resto sono scuse, compromessi, abitudini
e consuetudini. Che possono spaventare ma nulla di più.
Amare non è
argomento che riguardi la mente perché è un’energia che appartiene al cuore. La
passione che ci travolge bisogna lasciarla fluire perché soltanto così riusciamo
ad essere ciò che siamo, a crescere, a renderci migliori. Incatenarsi per paura
ad una vita non nostra equivale ad imbrogliare noi stessi privando la nostra
esistenza del suo vero significato.
Ginevra, amica mia, togliti prima che puoi gli
abiti della vittima ed impara ad essere crudele anche se questo non ti piace.
Solo così potrai sopportare la fatica necessaria a liberare il tuo mondo
interiore, ciò che realmente sei, e la tua energia distorta dalla paura uscirà
finalmente permettendoti di vivere. Realmente. Di colpo supererai il bisogno di
sentirti protetta, distruggerai l’ipocrisia che sei costretta a sostenere, l’indecisione
e la solitudine che ti limitano e ti sembrano l'unico finale possibile.
Quell’uomo non è
perduto, lui ti sta solo aspettando, anche se a te pare un’ulteriore pesantezza
da sopportare. Ma non è così. Credimi”.
Mi guardò e
smise di piangere.
“Fallo prima che
puoi; essere fedeli a se stessi è il più grande gesto di libertà che una
persona può compiere”.
Ginevra sorrise e poi m’abbracciò.