Daniele
guidava la sua nuova Mini mentre l’occhio di Valentina era
attento a scovare un parcheggio libero.
Roma è una splendida città ma non certo per
parcheggiare.
All’improvviso ne avvistò uno.
Fecero inversione ed accostarono alla fila d’auto
ferme, la freccia messa come ad indicare la proprietà di quel posto. Ce
l’avevano fatta, un vero colpo di fortuna.
Attesero
che l’auto parcheggiata se ne andasse.
A
bordo una famiglia pakistana attendeva il capofamiglia.
Daniele e Valentina
attesero cantando a squarciagola “Di sole e d’azzurro” di Giorgia
che suonava nello stereo. Dopo alcuni minuti finalmente il pakistano arrivò.
Fecero un sorriso all’asiatico che istintivamente mostrò un pacchetto di
sigarette come a scusarsi del ritardo. I due cantavano rilassati mentre quello
saliva, poi accese e mise la retro. Proprio in quell’istante, dall’altra
direzione della strada, arrivò una vecchia Ascona color amaranto che
tentò di prendersi il posto. Il pakistano retrocedendo fu bloccato visto che
quella stava proprio in mezzo. Daniele, sicuro del suo diritto, appena
ebbe spazio s’infilò.
Spartaco, il conducente
dell’Ascona vedendosi scippato il posto, abbassò nervosamente il
finestrino ed iniziò ad inveire. Daniele e Valentina, oramai
scesi, lo ignorarono. Ma Spartaco continuava ed una parola di troppo gli
sfuggì.
“A
chi hai detto stronzo?” replicò Daniele.
In
pochi secondi i due si trovarono faccia a faccia.
Spartaco era un uomo sui
cinquanta soprappeso con vistosi bracciali e catene d’oro, aria da grossista di
carni. Daniele, più esile, lo scrutò ma non arretrò.
Le
auto in fila, bloccate dell’Ascona amaranto, suonavano i clacson e
qualcuno si era sporto per urlare il proprio disappunto.
Intanto
Ines, la moglie di Spartaco, scese per dar manforte al marito.
Aveva l’aria di una donna spiccia e fin da subito si dimostrò aggressiva come
una tigre. Prese ad insultare Valentina che rispose da par suo.
Di
fronte, al Bar “Da Alfio”, un gruppo di clienti era uscito in strada
richiamato dalle urla. Fra loro Orlando che, stando seduto ad un
tavolino sul marciapiede, fu chiamato in causa come testimone. Ma Spartaco
senza attendere l’aggredì a malaparole. Il testimone partì deciso verso l’uomo
che però lo colpì con un pugno in pieno viso facendolo cadere a terra.
Fu
quella la scintilla che scatenò l’incendio.
In
un attimo la situazione precipitò.
Daniele colpì con un
calcio al basso ventre Spartaco che si piegò inginocchiandosi mentre Orlando
rialzandosi col naso sanguinante tirò fuori di tasca un coltello a serramanico.
Daniele tentò di fermarlo ma fu ferito di striscio ad un braccio. Il
sangue zampillò. Spartaco tentò di replicare ma venne fermato da altri
tre usciti dal bar.
Intanto
gli automobilisti commentavano la rissa da stadio quasi facendo il tifo per uno
o l’altro. Due di loro, i fratelli Sisto e Giordano Frontoni,
iniziano a discutere su chi avesse ragione.
Ines
intanto
spinse Valentina contro la Mini nuova del fidanzato: immediata la
replica con un low kick che fece volare la donna urlante a terra. Le
aveva spezzato la caviglia destra. Del resto Valentina era
un’istruttrice di Savate. Ma Ines, dopo un attimo, prese dalla
borsetta la sua calibro 38 e sparò verso Valentina che però fu
scostata dall’eroico tuffo di Sisto Frontoni che però venne colpito
mortalmente al fegato.
Ines fu finita da Giordano
Frontoni con un calcio in pieno volto che poi, con occhi da invasato,
raccolse la pistola ed iniziò a sparare a caso.
Spartaco stava
soccombendo sotto i colpi dei tre del bar, Daniele sanguinante al
braccio a terra, Osvaldo raccolse da dietro un cassonetto una sbarra di
ferro ed iniziò a brandire colpi mentre il barista Alfio guardava dalla
vetrina del suo negozio con aria interessata.
Valentina venne colpita
ad una gamba dall’improvvisato pistolero: due mani afferrarono al collo il Frontoni sopravvissuto. Era Daniele
che, pur grondando sangue dalla ferita, strinse fino a soffocare l’uomo che
infine mollò l’arma.
Intanto,
uno degli automobilisti bloccati che dalla rissa, pensò che forse poteva
ritagliarsi uno spazio in quella vicenda. Decise d’avventarsi contro il
pakistano che stava rintanato con la sua famiglia nell’auto.
L’uomo,
un gigante di muscoli in canotta e senza capelli sfondò il finestrino con un
pugno tirando fuori il pakistano.
Lo
colpiva in volto urlando slogan razzistici.
Osvaldo
continuava
a mollar sprangate a Spartaco ormai esanime al suolo mentre i tre suoi
compari lo sbeffeggiavano a turno.
Il
barista Alfio intanto si diresse veloce nel retro bottega.
All’improvviso
Venanzio, un anziano fermo nella sua macchina da quando era scoppiata la
rissa, si stufò d’aspettare. Scese, aprì il portellone posteriore e prese una
mitragliatore MP40 che puntò verso quelli che si stavano pestando. Aprì
il fuoco urlando isterico. Due raffiche ruotando di 180°. Fece una strage.
Quando
finì solo carne sanguinante sull’asfalto dentro ad un silenzio assoluto.
Una
pantera dei Carabinieri piombò a sirene spiegate.
Il
brigadiere Caputo uscì con la Beretta in pugno intimando a Venanzio
di lasciare il mitra ma questi lo falciò senza esitare. L’appuntato Isacchi
tentò d’estrarre la sua pistola d’ordinanza ma fece la stessa fine. In realtà
non fu Venanzio a freddarlo ma un colpo di fucile a pompa sparato da Alfio
che irruppe in strada in perfetta divisa da Navy seals, anfibi ed
elmetto, pistola, bombe a mano e viso dipinto con strisce nere mimetiche.
“Ora
vi scateno una guerra che non potete nemmeno immaginare…”
Furono
le uniche parole che disse prima d’aprire il fuoco contro qualunque cosa si
muovesse.
“Altro non
ricordo professore; poi mi sono svegliato, mia madre entrò in camera con la
colazione…”
Disse
Daniele al suo analista. Il prof. Boschetti lo guardò perplesso,
si schiarì la voce, esitò per un attimo. Daniele non gli staccava gli
occhi di dosso.
“Quello
che m’ha raccontato è molto interessante. L’interpretazione che posso dare a
questo sogno, anzi, che Freud darebbe, è abbastanza articolata. Alcuni elementi
presenti, come il coltello, le pistole, la mitragliatrice, le bombe a mano, non
significano altro che…”
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