Giovanna
era una bella donna, da poco aveva ventisei anni, alta e bionda con gli occhi
verdi. Laureata in economia e commercio con il massimo dei voti. Davanti a lei
aveva una luminosa carriera, perché era ciò che voleva fare, anzi che doveva
fare. Ciò che tutti si aspettavano da lei.
1°
GIORNO
Dieci
della sera.
Giovanna
stava per uscire, indossava un tailleur molto serio, poi infilò velocemente
nella borsa altri indumenti ed un paio di scarpe dal tacco vertiginoso. Quando
si trovò sulla porta di casa il padre le si fece incontro. Cercò in modo
sbrigativo di evitarlo, ma non ci riuscì, il padre iniziò una sorta
d’interrogatorio seppur usando modi pacati.
“Come
sei bella tesoro. Raggiungi le tue amiche?...immagino che ceniate insieme e poi
festeggerete per tutta la notte?”
Giovanna
rispose meccanicamente annuendo col capo, cercò di svicolare dalla porta
baciandolo sulla guancia, l’uomo notò la grande borsa della figlia e subito
commentò quando fosse inadeguata al resto del suo abbigliamento.
Troppo
sportiva.
Proprio
in quell’istante Giovanna s’accorse che uno degli indumenti prima infilati
fuoriusciva. E forse anche il padre l’aveva visto. Si agitò ancor più di quanto
già non fosse.
“Ci
sono affezionata…” disse portandosela sulla spalla.
L’uomo
sorrise rassicurante senza però evitarle un’ultima raccomandazione.
“Ricordati
sempre chi sei, che famiglia siamo, il ruolo e il prestigio che abbiamo, sono
cose da non dimenticare mai, soprattutto ora che stai per sposarti, ci siamo
capiti?”
Giovanna
lo sapeva, erano discorsi che conosceva fin da bambina, non fare mai brutta
figura, rispettare sempre il buon nome della sua famiglia ed ora pure del
futuro marito, insomma, comportarsi “come si deve”.
Il
padre la baciò amorevolmente in fronte e poi la guardò orgoglioso mentre usciva
dalla porta. Appena fuori Giovanna sbuffò e chiuse con gesto secco la cerniera
della borsa.
[Quanto
mi rompe le palle quando è così…ma crede che io abbia sempre dieci anni? non si
è reso conto che sono una donna?...gli voglio tanto bene ma a volte è veramente
pesante, e mi sto pure per sposare!]...pensò infastidita mentre scendeva
velocemente le scale.
Marco
era pronto ad uscire di casa.
Vestiva
un abito scuro molto elegante.
Entrò
in camera sua il fratello Giacomo con in mano alcune cravatte. Le mise di
fronte a Marco consigliandolo di cambiare quella che aveva indossato, troppo
sgargiante, ne scegliesse una dal suo mazzo.
“Ho
pensato che la serata al circolo per festeggiare la tua ultima notte da single
meritasse un abbigliamento un po’ meno formale del solito…” disse Marco come a
volersi giustificare.
“E’
meglio questa…”
Giacomo
gli allungò una cravatta Regimental molto seria che Marco indossò senza più
obiettare. Restò sotto osservazione mentre se l’annodava, perfettamente, un
attimo di silenzio. Marco ebbe un’esitazione mentre il fratello annuiva sicuro.
“Ah,
una cosa…se poi la serata si dovesse protrarre…” gli infilò un bigliettino nel
taschino della giacca “…questo è il numero di un’amica, Michela, con lei ed
alcune amiche vi potrete divertire in totale sicurezza, in fondo siamo sempre
dei conti, il nostro lignaggio c’impone discrezione…”
Marco
sapeva benissimo come doveva comportarsi ma il fratello era stato così serio,
come sempre del resto, assumendo un tono che non ammetteva repliche.
“Non
fare cazzate, se ti servono puttane hai il numero, se hai bisogno d’altro mi
fai una telefonata. Ma niente cose strane in luoghi pubblici, sai quanto ci
tengono papà e mamma, ci siamo capiti?”
Marco
annuì con il capo mentre si guardava allo specchio.
[Cosa
cazzo me ne frega della cravatta? Forse non hai capito dove sto andando? Quando
imparerai a farti i cazzi tuoi? E poi il bigliettino con il numero di una
mignotta…quanto sei anni ottanta fratello mio…]
Poi
uscì di casa.
Giovanna
guidava la sua auto.
Non
aveva l’aria serena di chi stava per divertirsi, forse ripensava al padre, o
forse ad altro.
Anche
Marco guidava anch’egli con l’aria svagata. S’accese una sigaretta. Prese il
cellulare.
Mentre
stava per parcheggiare squillò il cellulare, Giovanna rispose ed il suo tono,
all’improvviso, cambiò.
S’aprì
sul suo viso un bel sorriso e la voce diventò dolcissima.
“Amore
mio, come va?…io bene, sono quasi arrivata, Silvia e Roberta dovrebbero già essere
lì, e tu?”
Marco
guidava parlando al telefono.
“Tutto
bene amore, sto per arrivare al circolo…”
“Ho
appena parcheggiato…” disse Giovanna.
“…bene,
buona serata, e divertiti…” disse Marco.
“…anche
tu amore mio…ti aspetto domattina davanti alla chiesa…” aprendosi in sorriso.
“…non
vedo l’ora…ti amo” chiuse Marco.
Marco
parcheggiò.
Prima
di uscire dall’auto si diede un’occhiata nello specchietto, si tolse la
Regimental e la buttò senza troppa cura sul sedile posteriore, si sbottonò i
primi due bottoni della camicia. S’assestò i capelli ed uscì.
Giovanna
spense il telefono e lo mise nel cassettino dell’auto, il suo sguardo tornò
svagato, poi di colpo accelerò il suo ritmo. Si guardò attorno e, appena sicura
che nessuno passasse, prese dalla borsa gli abiti che aveva nascosto e si
cambiò velocemente.
Marco
arrivò all’ingresso di un locale, il Degrado, aveva l’aria sicura. Davanti
stazionava un uomo in elegante completo grigio. Alto, possente, ray-ban
specchiato, auricolare. Marco lo salutò con un cenno del capo e l’uomo lo fece
entrare.
Dentro
era un grande capannone, luci basse e musica tecno, molte persone. Alcune
ballavano, altre appartate in angoli bui, cubiste e cubisti seminudi si
dimenavano su delle pedane. Marco si diresse al bar e ordinò un drink.
Giovanna
arrivò davanti al Degrado con passo svelto, il suo look era ben più aggressivo
se non altro per i tacchi alti che portava con disinvoltura, l’uomo corpulento
la riconobbe e la fece entrare.
Marco
seduto su dei divanetti chiacchierava con due ragazze molto carine, ridevano
divertiti, bevendo champagne. Una delle due tirò fuori della cocaina che
iniziarono a sniffare.
Giovanna
ballava scatenata nel centro della pista, circondata da molte persone alcune
delle quali si strusciavano sfacciatamente, replicando e ammiccando divertita.
Marco passò abbracciato alle due ragazze, arrivò in una parte del locale dove
c’erano varie stanze nel quali s‘intravvedevano persone appartate in
atteggiamenti complici.
Arrivarono
ad un porta che faceva accedere ad una dark room. Le due ragazze entrarono ma
Marco non le seguì immediatamente: la sua attenzione fu catturata da una donna
che si sta avvicinando. Quella donna era Giovanna che stava, dalla parte
opposte del locale, giungendo allo stesso ingresso della dark room.
Marco
e Giovanna si trovarono di fronte.
Si
osservarono in silenzio, poi un sorriso, infine Marco le carezzò il viso.
Giovanna ricambiò cingendogli i fianchi. Si baciarono e poi, dopo uno sguardo
complice, entrarono nella stanza buia.
Nella
totale oscurità i due finirono in un angolo e sopra un divano consumarono un
lussurioso amplesso.
2°
GIORNO
Mattino.
Ora
undici.
Il
sagrato di una chiesa era illuminato da un bellissimo sole.
Alcune
persone vestite molto elegantemente attendevano gli sposi. Arrivò un’auto da
cui scese una donna in abito bianco. Era Giovanna, raggiante, scattarono gli
applausi. Ad accompagnarla il padre: ma quando furono pronti ad entrare in
chiesa vennero bloccati da un giovane curato che si mise in mezzo alla loro
traiettoria.
“Si
fermi signorina, dobbiamo attendere ancora qualche minuto…”
Si
fece avanti dalla folla di persone un uomo sui quarantacinque, stempiato e
bruttino, seppur vestito con un abito griffato. Era il futuro marito di
Giovanna.
Il
suo viso era furente.
[Che
cazzo vuoi insulso pretino? Tu non sai chi sono io? Con tutti i soldi che
sgancio alla parrocchia, mi fai pure aspettare! Io ti spacco la faccia!]
Dopo
un attimo, sentite le ragioni del giovane curato, iniziò ad urlare, chiese dove
fosse il parroco, non voleva aspettare un secondo di più.
Ci
furono attimi d’imbarazzo collettivo.
Ma
proprio in quell’istante dalla chiesa uscì la coppia che s’è appena sposata e
causa del ritardo. Giovanna li osservò e riconobbe Marco al fianco della sua
fresca sposa che sorrideva felice per il passo appena compiuto accarezzandosi
dolcemente il vistoso dono che le cresceva nel ventre.
Giovanna
sgranò incredula gli occhi.
Piovve
riso.
Il
futuro marito di Giovanna, senza troppi complimenti ed usando termini poco
gentili, la trascinò quasi a peso morto verso l’ingresso della chiesa.
Le
due coppie s’avvicinarono camminando in direzioni opposte, i due sposati che
uscivano, i due da sposare che entravano.
Quando
furono vicini anche Marco riconobbe Giovanna, si fissarono negli occhi, ma solo
per un istante.
Giovanna
s’avvicinò all’altare come un automa.
Marco
posò per le prime foto di rito imbalsamato.
Quell’attimo
del loro guardarsi era stato sufficiente a farli volare altrove con la mente.
Irrimediabilmente.
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