Italia: nazione composta da gente che dorme narcotizzata.
Gente che non ha idea di ciò che accade ad un palmo dal
proprio naso, gente che non sente la necessità di un cambiamento repentino di
rotta quantomeno culturale, gente che non capisce di dover lottare per riappropriarsi
dei propri sacrosanti diritti, gente che non pensa d’individuare i colpevoli e
secondo le leggi esistenti condannarli non prima d’aver restituito ciò che hanno
preso indebitamente. Gente che non sa cosa significa essere patrioti, che amare
il proprio Stato significa amare se stessi, gente che non sa vivere di principi
e valori. Gente che non sa e preferisce, nonostante tutto, continuare ad ignorare.
Ma che senso ha tutto questo?
E’ solo uno sfogo oppure c’è dell’altro?
Sono le parole di un provocatore – come molti mi considerano
– o forse di un kamikaze pronto al martirio? Un terrorista financo?
In realtà niente di tutto ciò, non voglio provocare nessuno,
è solamente dare libero spazio ai miei pensieri. E poi i kamikaze ed i martiri non
mi piacciono. E nemmeno i terroristi. Perché sono fasulli, nel nome di un
principio compiono atti disumani giustificandosi a priori attraverso l’uso di
quei nomi con cui amano essere conosciuti, un po’ troppo comodo.
Due parole - due - attorno a questo punto, tanto perché mi
piace chiamare le cose con il proprio nome, tanto per fare un esempio capibile.
Ed inquadrare chi sono gli italiani che si nascondono dentro al fatto di essere medio, nascosti e protetti dalla
massa, quelli apparentemente privi d’opinione.
Parlavo di martiri, kamikaze, terroristi, o come li si
voglia definire.
Chi uccide deliberatamente un altro individuo è
semplicemente un assassino. Le persone, in altro modo chiamate, rappresentano la
facciata usata per mascherare omicidi. Certo, ci sono situazioni e situazioni,
contesti, momenti storici, tanto diversi ed articolati che generalizzare è
sbagliato. Ad esempio. Se posso comprende un kamikaze giapponese ma non
accettarlo anche se solo spinto dalla disperazione, non lo posso comprendere ne
accettare da un mussulmano estremista che in nome di una religione superiore ed
unica – a suo dire, anzi, a dire di qualcun altro che parla per lui - fa ciò
che fa. Perché dietro c’è sempre altro (è ben noto il meccanismo economico che
favorisce il “sacrificio” di qualcuno per il beneficio di altri, normalmente i
componenti della sua famiglia d’origine). Nessuna religione, nessun corano,
nessuna guerra di civiltà…banalmente soldi e potere.
Ma questa non è prettamente una questione legata ai
mussulmani estremisti, non vorrei essere frainteso, è semplicemente l’esempio
più facile e comodo che tutti usano quando si parla, appunto, di martiri o
kamikaze o terroristi. La storia dell’umanità è costellata di tanti esempi,
ognuno diverso, complessivamente identici nelle volontà.
Quella della rivendicazione del potere e del dominio
politico e/o economico.
Le vicende più note – o forse note ai più, anzi, ai meno… –
sono ben documentate. Fin da ciò che accadde nell’ottocento durante le
colonizzazioni che le nazioni europee egemoni operarono in altri parti del
mondo. Dagli olandesi con la conquista di Giava, in Mozambico con i portoghesi,
ai tedeschi in Africa Orientale, centinaia di migliaia di morti. Ma anche a Tahiti,
la quasi completa estinzione di popoli come i Canachi, i Māori, i Tasmaniani. E
come scordarsi di quello che precedentemente accadde durante le colonizzazioni
europee delle Americhe: i popoli nativi praticamente sterminati. Ed anche in Patagonia
da parte degli argentini nei confronti delle popolazioni indigene. E poi
l’Africa. In Congo il re belga Leopoldo II fu responsabile di oltre 10 milioni
di morti. In Costa d'avorio, nel Sudan dominato dagli inglesi, i tedeschi in
Namibia. Milioni di morti. E nel novecento, durante la grande guerra, il
genocidio degli Armeni del 1915, e le azioni dell’impero Ottomano contro i
Cristiani di Rito Assiro-Caldeo-Siriaco e contro i Greci. Poi il Terzo Reich germanico
di Hitler e la Russia di Stalin durante la seconda guerra mondiale. Ma pure più
recentemente la Cina di Mao Tse-tung tra gli anni 50’ e 70’ del novecento
durante la rivoluzione culturale. Milioni i morti.
Continuando a ricordare senza ordine cronologico, la Romania
di Ceauşescu e signora dove furono compiuti atti disumani contro il popolo. Ed
in Bosnia durante la guerra nell’ex Jugoslavia, in Georgia, nel Kosovo. Ma pure
negli anni sessanta a Zanzibar, poi in Nigeria successivamente alla nascita
della Repubblica del Biafra. In Burundi, in Rwanda con le varie dispute fra Hutu
e Tutsi partite negli anni sessanta fino al genocidio del 1994 con milioni di
morti. Nel Sudan occidentale – Darfur -. I Khmer rossi in Cambogia negli anni
settanta, Timor Est con l'occupazione indonesiana, in Iraq durante il regime di
Saddam Hussein con le persecuzioni ed uccisioni di massa del popolo Curdo. Ma
pure in Italia con le persecuzioni durante il fascismo. Le foibe tanto per
non scordare.
Un lungo elenco che potrebbe anche proseguire con altri fatti
meno noti. Ma non importa. Uno solo è il concetto che deve risultare chiaro ed
inequivocabile.
Chi uccide è semplicemente un assassino e lo fa per ben
precise ragioni d’opportunità. Il numero dei morti è la semplice conseguenza
dei suoi atti. Atti a volte poi descritti semplicemente dalla cronaca con
parole tipo guerra o sinonimi.
Oggi chi usa le parole martire, kamikaze, terrorista, senza
saperne profondamente il significato, diventa complice dell’occultamento della
verità. Perciò suggerisco, omicidio, genocidio, sterminio.
Fine delle due parole – due -.
M’imbarazza il silenzio e
l’approssimazione che c’è attorno a certe questioni, tipo quella che ho usato poco
fa ad esempio, dove l’italiano medio generalizza banalizzando. Perché non sa e
non vuole sapere. Quindi. Un terrorista è certamente un mussulmano, il genocidio
è solo quello dei forni ad Auschwitz, il kamikaze è un suicida giapponese o
quello delle torri gemelle a N.Y.
E lì finisce di ragionare.
Anche per questo di veri patrioti, oggi, ne esistono pochi.
Perché ogni italiano ha il proprio privilegio da difendere. Perché siamo un
popolo che quasi mai sente che ne valga
la pena. Perché siamo un popolo furbetto e tendenzialmente mafioso. Ed anche
ignorante.
Dovremo aspettare una nuova Oriana
Fallaci per discutere pubblicamente di tutto questo? O possiamo farlo prima
assumendoci, ognuno, le proprie responsabilità?
Almeno quelle relative alle proprie opinioni?
Ed intanto, mentre la moltitudine italica continua
beatamente a dormire, personalmente voglio combattere questo sonno cercando di
capire. Per avere un’opinione della quale assumermi il peso.
Secondo il mio dozzinale parere noi italiani siamo troppo legati alla nostra Gemeinschaft e troppo poco alla Gesellschaft (secondo obsoleta e non particolarmente innovativa ma a me cara dicotomia Tönnies iana). Abbiamo sempre un amico, parente, tribù, squadra del cuore, partito politico ecc ecc. per il quale parteggiamo.
RispondiEliminaGigi
Eh già...la Gesellschaft è una forma troppo evoluta per un italiano, più semplice la Gemeinschaft o meglio (mi perdoni Tönnies) una tribù -che non so come si dice in tedesco-...ma del resto veniamo da lì: prima del 1861 cosa eravamo? tante piccole tribù che si facevano guerre...
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