Sento un uomo piangere, chiuso
nella stanza di un casa, come una bestia ferita nascosta nella sua tana. Lo
penso al buio e solo i suoi singhiozzi mi fanno intuire il dolore. Vorrei
avvicinarmi, affacciarmi alla soglia di quella stanza, ma ho paura che qualcosa
possa accadere.
E’ meglio aspettare.
Provo ad immaginare ciò
che può succedere dentro a quel rifugio, forte batte in gola e poi nelle
tempie il cuore di chi sta rischiando, riesco ad entrare senza che ci sia una
reazione. Mi muovo. Sono molto vicino, lo vedo bene ora, rosso e disperato,
gonfio di dolore e denso di paura.
Chiudo gli occhi.
Fuori un lampo
improvviso, uno squarcio nel silenzio, urla una voce, riecheggiando nella
strada chiusa tra i palazzi. E poi di nuovo il nulla, lui mi fissa e l’ansia ci
fa vibrare accordati, la sorpresa ha eliminato la distanza che ci separava, diluito
l’insicurezza in complice sostegno. Non si sente più alcun rumore come se tutto
si fosse fermato attendendo da quel nascondiglio un segnale. Siamo
immobili ed uniti.
Respiriamo insieme.
Il cielo che era spento
si sta aprendo perché la pioggia ha iniziato a scendere. Come sangue ci lava riaprendo
dolorosi ricordi, gocce rosse macchiano l’anima indelebili come firma
dell’autore di un’irreale quadro. Gli angoli bui della mente sono le
uniche parti illuminate e l’improbabile diventa realtà. Una donna accanto tace,
impietrito il suo sguardo fisso nel nulla, non so che fare.
Continua a piovere.
Lacrime di dolore
bagnano la strada, cammino e fatico a pensare, sento di non riuscire ad essere
ciò che dovrei essere. La gola arsa calmata dalla poca saliva che è restata.
Inizio a muovermi
senza sapere dove andare.
Non c’è più nulla
intorno, la scena è sgombra perché lo spettacolo è finito, un uomo conta nell’ombra
banconote. Soldi avuti da chi non sa ammazzare e tranquillo vive godendo della
sua potenza. E’ lui a condurre questo gioco: sulla strada piomba rapido
uno sguardo in un silenzio irreale dove solo scintillii d’armi come tuoni
rimbombano nel ricordo di chi ha vissuto quegli istanti.
Lento è il ritmo
ovattata l’atmosfera, lo sguardo vaga casuale alla ricerca di qualcosa fino al
corpo riverso di chi stavolta ha perso, la dignità soffocata nel suo stesso
sangue.
Guardo ma non riesco a
vedere niente.
Qualcuno ha vinto senza
meritare mentre un altro perde, forse è giusto così, una legge di natura. E tutto il
mondo all’improvviso ritrova il suo ritmo come se nulla fosse accaduto, pronto per
un’altra partita, con un nuovo vincitore ed un altro sconfitto. Nemmo poi da ricordare.
Come inevitabile.
Mi fermo e per
quell’attimo non ho più voglia di respirare.
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