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giovedì 27 febbraio 2014

Settimana del sesso: i normali, quelli che sanno trasformare pure i pregiudizi in regole

 

 
Era il 1998. Fui invitato ad un matrimonio, il più mondano dell’anno, così si sentiva dagli spifferi usciti da certi ambienti. Ludovica e Mario finalmente sposi.
Odio tutto ciò che si definisce pettegolezzo che, anche nel caso in cui corrispondesse poi alla realtà dei fatti, è sempre descritto in maniera opportuna solamente ad un pre-giudizio. Ho detto descritto e non raccontato perché la superficialità che impregna il tutto è solamente finalizzata a rendere chi lo fa, il descrivente, protagonista della vicenda assurgendo al ruolo di giudice sentenziante. E chissà con che diritto poi, eppure si continua a farlo, da secoli e secoli.
Ludovica, 28 anni, di famiglia agiata, appartenente alla categoria Femmina bella e stupida, non cattiva ma superficiale. Da un certo punto di vista innocua, appassionata collezionista di Manolo Blahnik, di professione studentessa fuori corso d’economia e commercio. Apparentemente poco passionale e, sempre dai famosi spifferi, non una grande appassionate di sesso etero.
Mario, classico prototipo di un Quasi Maschio D=P=L (dove però il primo fattore, il denaro, lo possedeva per discendenza e quindi poco determinato e scaltro) decise che era giunto il momento per sistemare, come si dice, le cose. Non che ci fosse qualche cosa di sbagliato nella sua vita, pensò solo fosse giunto il momento di chiarire tutto, prima il lavoro, poi rapporti con il mondo, infine l’amore. Perciò si sposò. Definire tutto all’interno di un progetto globale che potesse soddisfare i genitori, la compagna, i clienti, i vizi, gli sfizi, i capricci. Senza però scordarsi della propria serenità. Tutto per amore di una quieta comoda normalità.
Mario e Ludovica si conoscevano da più di dieci anni quando decisero il grande passo. Per lei si trattò della ovvia legittimazione di un sogno, la mera realizzazione di ciò che fin da bambina cullava, l’ambizione di raggiungere un obiettivo che concretizzasse tante aspettative.
Anche per lui lo era, in forma diversa, ma lo era.
Con il lavoro era stato semplice e gli girava bene – promosso a consulente commerciale per un’associata di famiglia - e si poteva permettere tante cose in più rispetto a prima. Cioè quelle che gli erano possibili solo grazie ai compromessi con la sua ricca famiglia, con il padre sopra a tutto. Sentiva di camminare finalmente con le sue gambe ed a tratti, se non gli bastavano per poter correre, poteva almeno permettergli scatti soddisfacenti. Comunque, meglio di prima.
Ludovica era al settimo cielo quando affrontò la navata centrale della basilica – i maligni sussurrarono che lo fosse perché poteva sfoggiare le sue Manolo Blahnik tempestate di Swarovski che con l’abito bianco con gonna sopra il ginocchio erano clamorosamente sottolineate- Mario invece era fra il terzo ed il quarto (cielo) attendendola all’altare. Non che se ne dovesse convincere, anzi, era sicuro che fosse quella la via giusta a tal punto che non ebbe esitazioni di nessun genere a pronunciare, al momento esatto e con tono appropriato, il fatidico si.
Ma la vita coniugale, il condividere lo stesso tetto fianco a fianco, stesso letto e stesso bagno, produsse in Mario sensazioni e sentimenti diversi da quella normalità che aveva pensato di poter raggiungere con quel semplice si detto sull’altare.
Era una normalità diversa: corretta, modificata, artificiale.
Ed al passaggio della prima musa tentatrice capitolò.
Cedette alle prime attraenti lusinghe – di una classica Femmina affascinante - e piombò in uno stato che rappresentava realmente il vero volto della sua natura.
Quella faccia che non si era modificata con l’artificio costruito prima nella mente e poi nei fatti; un’immagine che aveva covato nell’ombra per poi esplodere incontrollabile spazzando via quel mondo fittizio col quale non aveva nulla a che fare.
Il caos e la confusione presero il sopravvento.
Tutto, per Mario, non fu più chiaro. Combinò casini tali che per anni pagò dure conseguenze.
S’imbarcò in successive avventure extraconiugali clandestine – sempre con Femmine affascinanti che lo prendevano e buttavano via dopo l’uso - tanto che in poco meno di un anno, quel castello di normalità, crollò inesorabilmente.
Ludovica era così innamorata della situazione da volersi bere ogni scusa o bugia del marito, ignorare qualsiasi incoerenza, totalmente distratta sui particolari sospetti. L’attenzione nei discorsi, l’interesse nei progetti comuni, infine il sesso, arrivando infine ad un distacco completo. Un’intolleranza simile a quella che la cute ha quando sfiora l’ortica e ogni tentativo di lenire il fastidio procura solo ulteriore dolore. Ma andava bene così.
Per Ludovica fu così opportuno portare avanti quello stato fino all’attimo in cui un particolare irrilevante, quanto inaccettabile, la colpì così forte da far rendere noto al mondo che la circondava la realtà della sua vita matrimoniale. E tutto s’asciugò come neve al sole nel breve volgere del veloce attimo in cui le menzogne furono pubbliche, il dolore e la rabbia dovettero prendere il sopravvento, ed ogni cosa accettata necessariamente dovette sembrare insopportabile.
Iniziò così la lotta tra i loro legali e l’amore narrato in una bella favola si trasformò in pure lotta per la sopravvivenza e ricerca di vendetta. I famosi spifferi furono per lungo tempo veri e propri cicloni, in molti se ne alimentarono, quella vicenda appassionò morbosamente la moltitudine che vive normalmente di luce riflessa. Ma per loro così importante. 
Mario e Ludovica un giorno finirono la guerra.
Oggi, distanti a leccarsi le ferite, stanno imparando a conoscere la normalità da cui sono stati inghiottiti e con la quale, per loro stessa natura, dovranno per sempre convivere. Soffrendo per le sconfitte che infligge, esultando per le vittorie parziali che riesce a dare, consapevoli almeno di trovarsi sempre in bilico sul baratro dell’orrore.

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