Aspettare
è quello che sto facendo.
Attendere
che finalmente l’evento tanto sperato si compia.
E’ questo
il nocciolo della questione: ma aspettando ci si logora. C’è chi riesce a
distrarsi facendo altro, occupando il cervello con altri pensieri, stancando il
corpo col lavoro fisico, evitando in qualsiasi modo di pensare al motivo del
suo malessere.
Io non ce
la faccio più: il sollievo arriva solo la notte quando finalmente dormo, dopo giornate
passate uguali, piene di pensieri che convergono sempre allo stesso punto.
E fino
che non succederà non avrò pace.
L’attesa
è ricca solo di lotta. Contro tutto e tutti.
E’ piena
di critici impietosi, di chi dice di capirti anche se leggi nei suoi occhi il
dubbio, una moltitudine che non ti considera, che snobba, o sfrutta approfittando
del dolore dei tuoi pensieri.
E’ dure,
molto dura.
E sembra
che pure tutto il resto si fermi o, quantomeno, rallenti sempre di più acuendo
la tua ansia insinuandosi in ogni respiro. Un lento logorio quotidiano che
sembra non aver fine. E non ti rimane che restare aggrappato a ciò che senti, a
quello che sai di essere, ai sogni che mai t’abbandoneranno. Immaginando,
anticipando, forse sognando il momento in cui tutto ciò sarà solo un ricordo. Come
un peso, o valore, che l’attesa imponeva.
Ma in
fondo alla mente rimangono solo domande, se mai quel momento arriverà, se
riuscirò a riconoscerlo, se invece passerà tanto veloce da non farmi destare.
E’ questo
il dramma che rende lancinanti le mie giornate.
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