Alfredo era giovane ma
nonostante questo aveva già fatto carriera.
Stava
salendo in alto, velocemente, con merito.
Era
sveglio, leggeva bene la testa degli altri, sapeva progettare una strategia
vincente nel breve trascorrere di un respiro.
Aveva
classe in quello che faceva nonostante avesse solo trentasei anni.
Era
direttore di un’importante società finanziaria e guadagnava un mucchio di
soldi.
Tutto bene
sembrava. In realtà no.
C’era
qualche cosa che gli impediva di raggiungere quella completezza necessaria per
farlo sentire al massimo.
Non si
divertiva più in nulla.
Aveva una
moglie e tre figli ma non gli piaceva più stare con loro. Aveva molti soldi che
però non godeva spendendoli. Giocava a carte perché quella era una delle sue
passioni. Ma perdere o vincere gli era diventato indifferente.
In lui la
noia aveva preso il sopravvento, la routine l’opprimeva distruggendo ogni
slancio d’entusiasmo, e smise pure di giocare a carte.
Io e Alfredo ci conoscemmo per ragioni
professionali. Ci fu fin da subito grande empatia e, seppur la nostra
collaborazione fu unica nel senso che fu unica l’occasione di collaborare,
diventammo amici. E’ per questo che so molto di lui e lui di me. Fummo compagni
di grandi chiacchierate, di bevute e abusi, soprattutto della condivisione dei
nostri fantasmi. Alfredo è il
prototipo del Maschio D=P=L. Forse, l’unica cosa che lo condizionò pesantemente
facendolo entrare in pericolosi percorsi destabilizzanti, fu l’esserci arrivato
troppo in fretta. Non per caso, solo grazie alle sue capacità, ma troppo
velocemente tanto da subirne la noiosa routine conseguente.
Un giorno
conobbe Marzia, una donna giovane, poco più che ventenne.
Lei era da
poco uscita dal liceo, stava frequentando il secondo anno di università, era
bella, veramente bella. Da levare il fiato.
Fresca,
vivace, giovane, vitale.
Donna
affascinante a tutti gli effetti con l’aggravante d’essere bella.
Ed Alfredo
ne fu folgorato.
Fece quasi
carte false per farle avere un posto provvisorio in azienda. Doveva essere un
classico periodo di tirocinio. Dopo qualche settimana stavano già insieme. A
vederli sembrano una bella coppia, Alfredo fiero della ambita preda
conquistata, Marzia eccitata per una storia così più grande di lei.
Sensazioni diverse ma un piacere comune nel condividersi porzioni di giornate.
Perché in effetti non è che i due facessero una
vita da coppia nel senso stretto del termine. Lui non le poteva dare molto più
dei ritagli del suo tempo, abile come un sarto ritagliava la stoffa della sua
giornata, s’incontravano fra i mille impegni e le mille complicazioni. Lei si
adeguava a quel ruolo ma la cosa le piaceva. Camminava per i corridoi sicura di
essere la donna del capo. Non che ne volesse trarre dei vantaggi ma
quello stato la faceva sentire sicura tanto da guardare tutti con aria di
superiorità.
Era felice
Alfredo.
Era felice
anche Marzia.
Ognuno per
un proprio personale motivo.
Bastò però
poco tempo a quel rapporto basato sostanzialmente sul sesso infilato in ogni
istante disponibile per trasformasi in ciò da cui Alfredo fuggiva. La
ripetizione sbiadita d’un secondo matrimonio, una seconda moglie, e la gestione
problematica di una vita parallela fatta di inquietanti e cicliche
similitudini.
Non avendo
il coraggio per uscire da nulla, tentò di convincersi che stava facendo una
bella vita privilegiata, decise perciò di non porsi domande evitandosi un
confronto. Con se stesso.
Tornò a
giocare a carte sperando di dare una svolta a quel brutto momento. Ma nemmeno
le carte, antiche compagne di svago, riuscirono a guarirlo.
Quindi,
con la moglie e i tre figli s’annoiava anche più di prima, il lavoro era
costellato di continui successi, in più aveva da gestire una giovane e sensuale
amante.
Viveva nel
paradosso e l’insoddisfazione permeava ogni suo respiro, ogni situazione,
tutto, anche i sogni.
Aspettò
per quasi tre anni un’occasione che gli consentisse di svoltare, di sorridere
almeno per tornare se stesso, non arrivò e lui non ce la fece.
Due giorni
prima del suo quarantesimo compleanno prese di petto il suo disagio
distruggendolo con un colpo di pistola alla tempia.
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