È così che ti vorrei chiamare perché così ti ho
sempre pensata. L’unica ed imprescindibile metà, la perfetta parte mancante a
cui posso unirmi per stare in equilibrio, diventando un intero compiuto.
Lo so, frasetta da cioccolatino, però credo che inconsciamente tanti pensino in
questo modo all’altra metà della coppia. Quella che hanno trovato o che stanno
cercando. La sublimazione d’un pensiero che, se di suo è sdolcinata, mostra
tratti di autenticità.
Sono anni
che osservo le coppie incluso me stesso quando lo sono: devo ammettere che si
aprono praterie da riempire di riflessioni e considerazioni quasi fossero
ognuna un mondo a parte. Ma voglio risolvermi questo equivoco, non per
semplificare banalmente, ma grazie a ciò che ho visto e conosciuto. Ed il filo
conduttore è sempre la verità.
Non so come definirti, che nome darti, come
identificarti.
Non sei ispirazione, non sei creatività, sei
solo il piacere di vedere altro. Il volo libero della fantasia che non può mai
cessare d’essere. Aria che mi necessita, senz’altro fine o scopo,
incomprensibile per lo più, essenziale per non sfiorire nella cupa apatia.
Questo è
l’estremo tentativo di conquista di una femmina che non degnava d’attenzione il
maschio scrivente. Io, nella fattispecie. Però mi andò bene; la signorina a cui
rivolsi queste parole, che lì per lì ne sembro molto colpita, in realtà si
divertì molto a massacrarmi emotivamente per un suo gusto perverso rispetto ai
maschi e quindi allo stare in coppia. Senza dolore e sofferenza non riusciva a
dare significato ne alle cose ne alle relazioni. Il classico rapporto
sado-maso, che a quel tempo non comprendevo nel suo valore assoluto, che mi
trasformò in un valente accompagnatore per momenti – i suoi - di puro sadismo.
E io le “prendevo e basta”, in tutti i sensi, fino a che grazie
all’illuminazione di un amico che ne sapeva ben più di me sull’argomento,
rigirai la questione liberandomi del fardello. Un sadico si diverte con un
masochista, e io non essendolo, non potevo di certo star bene con una sadica.
Quando riuscii a dare le risposte alle tre domande essenziali ne uscii.
Quali
domande?
1- Sono capo branco o
gregario?
2- Guardare o essere
guardato?
3- Sadico o masochista?
Come faccio a spiegarti qualcosa che non si può
vedere, toccare, sentire, assaggiare, annusare, ma che solamente posso provare
attraverso l’emozione chi mi dai?
Queste
parole invece sono di una femmina che cercò, anche in bella forma, di
annebbiare le mie idee di maschio – da lei bramato - che però non la
corrispondeva.
Avvenne
poco dopo essermi dato le risposte alle tre: e con sadismo approfittai della
sua debolezza.
Scopandomela…
Una sola
volta, quasi per metterla a tacere, forse con troppa cattiveria. Ripensandoci
oggi non fui proprio esemplare nel mio atteggiamento ma posso solo dire che ero
abbastanza giovane e distratto dai miei impulsi sempre così frequenti.
L’abbandonai come un calzino usato dopo due ore di tennis: lei ebbe – oggi lo
riconosco sorridendo - la forza di una vendetta. La nostra unica volta avvenne
senza profilassi di nessun tipo e così, dopo essermi negato per i mesi
successivi anche in maniera poco carina, lei mi fece arrivare il messaggio di
aspettare un figlio. Così fui io ad inseguirla. E quando la raggiunsi, a
fatica, si vendicò diabolicamente mantenendo per un po’ quella – che poi
confessò essere - farsa. Che però mi fece scorrere davanti agli occhi tutta la
mia vita precedente. Appena mi confessò la verità diventammo amici, e quella
volta fu lei a scoparmi con profilassi minima, e fu la seconda e ultima volta
prima di perderci di vista.
Tornando
al discorso precedente, di cosa stavo parlando? Dei sentimenti espressi
romanticamente, delle parole cantate a chi non le ascolta? Della disperazione
d’esprimersi come unico modo di sopravvivere? oppure d’altro?
Sono
sicuro: d’altro.
E’ spesso
tutta una banale comunicazione che gira attorno a ciò che vorremmo
rappresentasse una verità. E’ come nella favola di Pinocchio dove il naso
s’allungava ad ogni bugia per far tentare al protagonista il raggiungimento d’uno
step successivo del suo percorso personale, non di coppia, non di gruppo. Siamo
fondamentalmente dei nasuti individualisti che parlano anche in modo forbito
senza in realtà dire nulla. Ci spaventa così tanto esprimere i nostri veri
desideri che abbiamo smesso di farlo e preferiamo parabole o iperboli che non
rischino di svelarci completamente.
Quindi di
cosa si parla nelle coppie?
Fondamentalmente
di nulla.
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