Giovanni non ha mai avuto grandi
ambizioni nella vita.
O almeno
così ha sempre voluto far credere.
E’ sempre
stato un ragazzo simpatico, a volte, trascinante. Impostò fin da giovane la sua
vita su un’unica condizione: trovare la strada per lui migliore usando la
minima energia.
Non perché
si nascondesse in lui l’animo del peones messicano bensì per un naturale
istinto, anzi, per una buona dose di puro egoismo.
Giovanni era bello. Il classico
Maschio bello, inseguito, corteggiato, ammirato. Fisico scultoreo, in più mente
raffinata, voce profonda e pensieri veloci.
Però,
senza volontà, gli capitava spesso d’appassire.
Come un
bel girasole che si bea delle sue fattezze fino a che dura la luce poi, a primi
cenni d’oscurità, si piega e raggrinzisce disperandosi contro una sorte
sventurata.
E nemmeno
il giorno dopo era pronto a riproporsi al meglio perché quei passaggi
incidevano su di lui in modo devastante, ci voleva del tempo prima che
riuscisse a scrollarsi di dosso quel torpore, quasi consciamente sembrava
rassegnarsi a quel fatto. Ma paradossalmente godendone.
Giovanni fu il mio primo, e unico, coinquilino. Con lui
divisi un appartamento per quasi due anni, periodo divertente della mia vita,
tempo costellato di grandi esperienze e avventure, vere e proprie lezioni di
vita in comune.
Un giorno
conobbe Ivana che dopo poco divenne la sua donna ufficiale. Si, perché Giovanni
in quanto Maschio bello, aveva la fila di pretendenti. Ma lui scremava
rapidamente, il suo modus operandi si riproduceva serialmente: quelle belle se
le scopava, se erano intelligenti una volta sola, se stupide continuava fino a
stufarsi. Quelle brutte o suore le ignorava a meno che non fossero della
categoria Troia e quindi ci faceva attività sessuali anche estreme. In definitiva,
di fronte a donne intelligenti, belle o brutte, scappava a gambe levate.
Ma con Ivana fu una cosa strana: lei era
identificabile nelle Femmine brutte e suore. Eppure si misero insieme.
So che la
valutazione della bellezza è soggettiva: lei non era brutta e forse, come
dicevano in molti, si trattava più di un
tipo – che poi non so esattamente cosa voglia dire - anche se onestamente
aveva un bello stacco di gamba seguito da un culo sodo. Né scema né
intelligente, per lo più passiva, indubitabilmente suora. E questo me lo
confidò Giovanni stesso, una sera
totalmente ubriaco, non si capacitava di come una donna potesse aver timore di
prendere in bocca il ”…cazzo! Non ho
detto succhiarlo, ma almeno giochicchiarci…il bocchino è cosa importante per un
uomo!” urlò infastidito.
Quindi, la
loro relazione, anche per questo fu per me incomprensibile.
Eppure
insieme erano belli.
Sorridevano
a tempo, avevano sempre lo stesso ritmo nel fare e non, stanchi o allegri,
tristi o eccitati. Simultanei, quasi simbiotici.
Pareva
trattarsi di una rara alchimia: due metà che finalmente s’erano unite per
formare l’esatto intero, un quasi simposio neo-platonico.
In realtà Ivana
era una donna che faceva di tutto, o quasi, per modellarsi al suo uomo e
riuscire così a tenerselo stretto. E Giovanni lo sapeva e ne approfitta.
Lei
s’impegnava solo nel calzarsi come un guanto respirando sempre in successione
al suo maschio.
E diventò
la perfetta costruzione di ciò che quell’uomo aveva deciso che lei fosse, dopo
poco tempo già lo seguiva in ogni piccola curva o lieve andamento, fisico o
caratteriale che fosse.
Una figura
costruita dal calco di gesso che riproduce l’originale. Ed alla fine incominciò
pure a succhiargli il pene.
Ma questo
non bastò più a Giovanni. Del resto
se sei nata Femmina suora, quello sei, e quello rimani. E puoi fare bocchini da urlo ma il maschio sente che
non sei naturale nel farlo, forse perche non ti piace e probabilmente ti stai
sforzando, perciò non apprezza.
Giovanni incontrò Giovanna
per caso e quasi parve che inizialmente non ci fosse interesse a volersi
conoscere.
Ma
poi si conobbero. A Giovanna
bastarono poche ore per decifrare quell’uomo – tipologia: Femmina affascinante
-. Ne rimase catturata soprattutto per il fatto che lui, sentitosi scoperto e
messo a nudo donna sulla pubblica via, fosse costretto a reagire
d’istinto alle provocazioni che lei sapientemente gettava. E reagì.
Violentemente fino quasi a fare uscire qualche cosa di diverso e sconosciuto.
Ma poi si fermò d’improvviso perché capì d’essersi addentrato in un terreno
minato, pieno di rischiosi tranelli, la paura lo fece desistere. Scappò
dalla sua Ivana che l’accolse a braccia aperte e con ancora maggior
riverenza. Giovanni
si
sentì subito meglio, cominciò a respirare un’aria conosciuta, comoda. Ivana era per lui la morbida
pantofola di casa avvolgente e rilassante. Gli bastò infilare il piede e
sentirsi gratificato dal tepore che riconobbe e si scrollò di dosso, con la
stessa facilità con cui si fa un sospiro, la paura del rischio che aveva corso.
E tutto
tornò come prima, comodo e facile, ed anche i bocchini di Ivana, per Giovanni,
diventarono apprezzabili.
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