Maurilio visse a diciassette anni la sua prima vera cotta.
S’invaghì come mai prima di una coetanea, una certa Annalisa,
e fin qui nulla di strano. Annalisa era la sorellina di Gian Mario
Burfoselli detto il Burfo,
uno dei componenti del gruppo che stazionava di fronte al bar Sport, centro nevralgico attorno
al quale ruotava la vita sociale del quartiere.
Il vero problema si celava dietro la caratteristica
principale del Burfo: la necessità quotidiana che questi aveva di usare
le mani, e non solo, anche pugni, calci, bastonate o sprangate, contro il primo
che l’avesse soltanto guardato in una maniera strana. Passava perciò le
giornate alla ricerca di pretesti più o meno validi per poter dar libero sfogo
alla sua principale peculiarità.
La storia della cotta perciò stentava a decollare
unito al fatto che Maurilio era guidato più che un da nobile sentimento
dalla mera necessaria esigenza d’accoppiarsi e la Burfa, così era più nota Annalisa, semplicemente
era diventato l’oggetto centrale dei suoi desideri. Anche se qualche scambio di
sguardi fra i due era corso la paura di quel fratello tanto
violento aveva relegato Maurilio alle sue consuete sedute masturbatorie almeno ora
con un soggetto reale a cui ispirarsi e forse, un giorno, potenzialmente raggiungibile.
Maurilio
passava quelle giornate dense soltanto d’una rassegnata inutilità che lo
portava ad essere sempre più triste ed annoiato. Quando scendeva la notte quel
disagio s’ampliava. Non riusciva a prender sonno, si girava nel letto carico d’inquietudine,
guardando la sveglia come se questa potesse dargli conforto. Tentava di
convincersi che forse era meglio provare a dormire piuttosto che massacrarsi le
intimità con l’unico effetto di presentarsi il mattino successivo con delle occhiaie
da eroinomane. Ma non ce la faceva: il suo bisogno, unito all’immagine della Burfa, lo tormentava. Improvvisava
mirabolanti pensieri erotici dove la sua prediletta lo sollazzava con
acrobatiche porno-performance. Pensava alle sue labbra: quel dettaglio lo faceva
impazzire. E se poi nella mente le collegava al suo sguardo l’eccitazione lo
sovrastava tanto da farlo soccombere ad un nuovo intenso auto-orgasmo. Maurilio aveva questa fissa: gli bastava
abbinare l’intensità furba di uno sguardo ad una bocca mediamente carnosa per
decollare e la necessità di concretizzare diventava violenta.
Come gli capitò un anno prima alla visita medica di
leva: invece di un medico maschio si trovò davanti un capitano donna. Bella,
sguardo furbo ed intenso. Maurilio
non osò proseguire verso le labbra. Ma sotto, il fratellino, di colpo si
svegliò tentando d’emergere. La dottoressa lo auscultava e lui era in pieno imbastonamento. Cominciò a pensare cose
che lo potessero aiutare: una vecchia che si toglie la dentiera, la sua prima
vomitata causa alcool, il compagno di liceo che attaccava sotto al banco il
prodotto delle sue narici.
Ma nessun risultato. Era solo un giovane preda dei
richiami del corpo.
Decise quella notte, dopo un’ultima poderosa
palpazione, che l’indomani avrebbe fatto di tutto per unirsi carnalmente. Con la Burfa o no, l’avrebbe fatto,
anche a costo di pagare.
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