E’ sempre più frequente ascoltare discussioni che ruotano attorno al
concetto di merito. Che la nostra società sarebbe diversa se tutto si basasse
su quello, quanti privilegiati, quanti apparentati, quanti incompetenti in
posizioni alte se ne starebbero a casa. E senza fare ulteriori danni. Perché il
merito è un diritto degli uomini che acquisiscono attraverso il valore delle
azioni –opere- che compiono.
Proprio ieri al bar, due persone, mentre aspettavo il mio caffè così si
esprimevano. In maniera forte come a voler urlare un disagio subito. E per un
attimo sembravano pure rinfrancati da quel loro sfogo.
Quindi molti, come quei due signori del bar, pensano alla sublimazione del valore del merito (cioè, una società meritoria o meglio meritocratica)
come cura dei nostri mali. Un regime
sociale fondato sull’insieme di talento ed impegno, perciò, la forma più alta perché
pura ed incontaminata a cui ambire.
Ma siamo così certi che sarebbe meglio, anzi, che in realtà già non siamo
in società del genere –o quasi- senza nemmeno saperlo?
Oggi viviamo in una società dove le regole che la definiscono partono
dai principi di uguaglianza e giustizia (La legge è uguale per tutti) e su
questo tutti sono d’accordo: ma nel momento in cui siamo pure certi che il valore
del merito debba aver maggior peso già stiamo esprimendo l’esatto contrario.
Ovvero. Chi è efficiente e funzionale alla società (per via del suo merito) è
migliore di chi non lo possiede che quindi è un peso. Con questo pensiero già
smentiamo il principio iniziale di cui eravamo così convinti (tutti siamo
uguali).
Il problema sta nel fatto che regna una confusione totale fra il
concetto di società efficiente e
quello di società giusta; siamo
incastrati in una contraddizione dettata invece dalla vera società di oggi, la società di mercato che con le sue leggi
non può, per sua stessa natura, essere efficiente ed allo stesso tempo giusta.
Perché se si apprezza lo sforzo anche dei meno meritevoli poi si deve guardare
al risultato, e pure, le vicende che producono giustizia non collimano mai con
un prodotto da vendere.
Il vero problema, che i più non vedono, è quello di confondere
nell’ideologia del merito l’efficienza della società e la giustizia resa agli
individui. Se poi, a tutto questo, andiamo ad aggiungere altri fattori che ben
conosciamo (eredità, nepotismo, appartenenze, corruzione) il risultato è quello
che caratterizza la società attuale: un ambito in cui si predica il merito e la
giustizia favorendo semplicemente il mercato attuato da dinastie elitarie.
Nei fatti, un coacervo di intrinseche contraddizioni, incomprensibile
alla massa.
Forse, parlando di merito, basterebbe intenderlo semplicemente come pura
responsabilità personale di chi lo possiede: un impegno che deve
scrupolosamente rispettare nei confronti degli altri per senso di uguaglianza e
appartenenza. Se la società fosse così, tendente ad evolversi, dovrebbe mirare
ad innalzare il livello medio proprio grazie a questi esempi d’eccellenza
responsabile, rendendosi in quel modo luogo dove tutte le persone non vengano più
trattate ugualmente ma, semplicemente, trattate tutte come uguali.
Arrivò il mio caffè, lo buttai giù in un sorso, e me ne andai silenzioso con
le mie riflessioni ad intasarmi la testa.
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