Roberto,
fondamentalmente,
è un brav’uomo.
Nel senso
della sua parte essenziale, quella nascosta, più intima.
Roberto
appartiene
ai maschi sognatori. Lei, Barbara,
alle femmine affascinanti. Lui buono, bruttino e benestante, lei squattrinata,
non bella, intelligentemente troia.
Il classico esempio di maschio annebbiato dagli umori vaginali pronto a
farsi condurre al guinzaglio come un barboncino ben tolettato.
Si
sposarono, ed anch’io partecipai, Roberto
era ed è un mio amico d’infanzia. Mi faceva piacere per lui, da sempre
complessato per la sua bruttezza, finalmente si realizzava pubblicamente con
una donna.
Fu una
bella cerimonia, con tanta gente, sontuosità da evento quasi regale. La chiesa
addobbata da mille colorate essenze, astanti festanti per induzione, serenità
aleggiante ad ogni minima sfumatura degli eventi. Ed in più uno splendido sole
ad illuminare quel momento.
L’abito
bianco faceva sembrare Barbara addirittura bella, sicuramente radiosa,
visivamente eccitata da quella avventura che stava per iniziare. Roberto
sorridente in un elegante grigio ma con un velo triste scolpito nello sguardo.
Tutti gli
invitati al banchetto erano elegantissimi, almeno quattrocento, così pareva
dando un’occhiata alla sala. La musica di sottofondo ammorbidiva tutti i
passaggi del rituale al susseguirsi delle portate, poi gli sposi in visita ai
tavoli, anche la coda al bagno con logica corretta addobbata da sontuose
salviettine asciugamani in cotone bianco morbidissimo, non si era badato a
spese, anche il dettaglio che fa la differenza c’era. Il più scanzonato degli
ospiti all’improvviso urlava “Bacio!!!” dall’angolo della sala
scatenando giubilo, il tavolo dei quattro genitori impomatati che si scambiavano
alternati sorrisi circostanziali. Tutto come vuole la natura di quella riti.
E poi
vennero le danze: Roberto e Barbara aprirono con un valzer,
impacciati perché nessuno dei due si sapeva muovere per di più in quella rigida
divisa, ma ballarono. Un applauso, lo scanzonato che urlò nuovamente, tutti
risero e ritmicamente con le mani fecero capire d’avere voglia di vedere un
nuovo segno dell’amore che li legava, quasi un monito collettivo necessario a
ricordarsi da dove si deve partire a percorrere la giusta strada.
Ma quel
velo di tristezza negli occhi di Roberto,
di cui mi ero quasi scordato, all’improvviso mi parve ancora più evidente. Fu
solo un istante, eravamo già alla torta nuziale, sei piani di felicità al gusto
crema pasticcera. Ancora un bacio per acclamazione e poi via ai discorsi. La
platea composta da personaggi della ricca provincia, industriali di vari rami,
un generale in pensione e due porporati, ascoltava frasi scontate in un respiro
comune, muovendosi secondo l’intensità scaturita da versi enunciati. Fragorosi
applausi a ripetizione. Quel bel salone d’inizio secolo fece sembrare, con il
suo naturale rimbombo, l’assenso di quelle mani infinito. Come un sigillo di
garanzia all’evento.
E poi,
tutti in discoteca, a scatenarsi con i balli moderni. La disco-music, nonne
madri e nipoti a confrontarsi con la pista lucida, le luci stroboscopiche, il
fumo ed il sudore.
Alla fine
di quel tipo di giornate ti senti meglio, forse inconsciamente, rinfrancato da
ciò che hai visto. Perché pensi d’aver sfiorato il vero l’amore.
Avevano
deciso di sposarsi dopo che l’ipotesi di convivenza proposta da Roberto fu scartata dalla compagna senza
se e senza ma. Anzi, dettò le regole in un atto che poi gli fece sottoscrivere,
con l’alternativa d’una rottura immediata.
Le
condizioni: matrimonio sfarzoso ed altisonante, lungo viaggio di nozze in luogo
esotico ed al ritorno il trasferimento in una nuova casa –meglio se con ampie
terrazze e/o vista panoramica-. Per il sostentamento delle necessità della
sposa un fisso mensile di 2.500 euro mentre le spese ordinarie ovviamente tutte
a carico di Roberto. Poi,
obbligatoriamente, due figli minimo, meglio se un maschio ed una femmina,
scuole internazionali, studi all’estero. Nessuna possibilità di recessione con
separazioni o divorzi da parte di Roberto
se non con un vero bagno di sangue economico, così come specificato da una
sfilza di clausole legate pure a possibili avventure extra coniugali dello
stesso.
Quello fu
quel il giorno dell’inizio di una nuova coppia: Barbara felice per avere
ottenuto tutto ciò che sognava e che forse mai avrebbe ottenuto se non in quel
modo; Roberto intristito ma con la speranza che poi le cose, con il
trascorrere del tempo, si sarebbero potute un po’ sistemare.
In realtà,
credo, lui sapesse che quello non sarebbe mai avvenuto, anche se continuava a
raccontarsi il contrario per continuare almeno a sperarci. Era come un
disperato che, con gli ultimi soldi che si trova in tasca, pensa al biglietto
della lotteria ed al suo primo premio sperando così che possa tutto possa
cambiare. Però poi, quel biglietto, non lo compra mai.
Mi rimane
di lui in quella situazione l’immagine sbiadita di un uomo rassegnato in bilico
tra la speranza e l’ignoto, il suo sguardo spaventato come quello d’un
equilibrista fermo sul filo.
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