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venerdì 14 marzo 2014

Violenza

 


 
         “Ci sono momenti dove vorrei stringere fra le mani un fucile e sparare senza mirare solo per un attimo di sollievo. Avere un bersaglio talmente facile da colpire per cancellare anche il più piccolo dubbio che la mente possa avere, rassicurandomi solo sfiorando il grilletto, e sentire la rabbia placarsi grazie ad un gesto semplice.
Ci sono momenti dove vorrei tirare un pugno, un colpo violento dritto nella bocca di qualcuno per sentirne l’odore del sangue, vibrare come un animale che reclama l’istinto della sua natura.
         Ci sono momenti dove cerco una scossa, necessaria, per combattere la mia più pericolosa attitudine. Non saper più controllare i fantasmi che il sonno mi fa gestire ma che appena mi desto tornano a dominarmi.
Ci sono momenti dove essere aggressivo mi fa essere vivo. Solo fermarmi e respirare, un attimo, mi fa bloccare tutto quello che potrebbe diventare irreversibile.
         In quei momenti devo resistere, placare la mia parte che non prende mai luce, arrestare l’istinto che fa essere animale.
         Lo faccio e lo dovrò fare.
         Per sempre. 
         La platea applaudì ed io mi sentii felice per quell’istante.
         Ma soltanto per quello”. 
         Il vociare dei miei figli mi fece destare.
        Era un incubo, il sapore amaro m’accompagnò anche dopo aver buttato giù il primo caffè, pur sveglio non riuscivo a staccarmi da quei pensieri. Fu un giorno difficile perché sentii di dover controllare ogni minima reazione. Ero certo che quel demone sognato si potesse svegliare all’improvviso. 
         Poi arrivò la notte e andai dormire.
         Riuscii a fidarmi del sonno affidandogli il mio tormento.
         Ma il mattino successivo tutto ricominciò.
 

 

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