Maurilio e Iames
Balducchelli si conoscevano fin dalla nascita. Erano figli di due famiglie
che vivevano sullo stesso pianerottolo.
Si
frequentarono inevitabilmente fin da piccoli, passarono interminabili giornate
nel cortile, teatro di tutti i giochi che la giovinezza contiene. Furono da
subito grandi amici, caratteri opposti che si completavano, identica voglia di
vivere che li rendeva inseparabili.
Il
loro stare insieme li portò a consolidare una fiducia ed un’intimità che, anche
da adulti, li rese inscindibili. Frequentarono le stesse scuole, solo il
servizio militare li divise, nemmeno quell’anno di forzato distacco riuscì però
ad indebolire il loro legame.
Più
che amici erano fratelli nonostante entrambi avessero legittimi legami di
consanguineità. Ma loro, a differenza, si erano scelti e voluti.
Arrivarono
i giorni dell’esame di maturità.
Nonostante
la tensione si acutizzasse per quel imminente evento, nella testa dei due altri
pensieri ricoprivano un ruolo principale, soprattutto il divertirsi sempre e
comunque. Non avevano voglia di studiare in quell’estate torrida, troppe sirene
ammaliatrici li distraevano, il loro tempo lo passarono ad ingegnarsi per
trovare soluzioni alternative allo studio per poter raggiungere l’obiettivo
senza troppo sacrificarsi. Avevano allestito, nella piccola cantina dei
genitori di Iames, il loro covo. Si
rintanavano in quel posto buio e umido per ore parlando, pensando, progettando.
E si attrezzarono con un computer, una stampante, una vecchia fotocopiatrice ed
altri strumenti che gli permisero di metter su in poco tempo una vera centrale
della falsificazione.
Camuffare,
modificare o riprodurre ogni cosa per poi poterne fare un’altra.
Partirono,
durante l’anno scolastico, da innocenti falsi relativi alle assenze sul
registro di classe per poi passare a finte circolari presidenziali, voti
inseriti su registri, compiti in classe modificati…
L’elemento
che li univa in quell’impresa, oltre ad un fine comune, era l’assoluta e
reciproca fiducia nonché un atteggiamento omertoso verso chiunque potesse
avvicinarsi a quel loro mondo o soltanto sospettarne l’esistenza. Quasi un
patto di sangue che non fu mai tradito.
Insomma,
una sorta di piccola organizzazione a delinquere, che però permise loro di
presentarsi all’esame di maturità e superare brillantemente l’ostacolo. Dopo
quel momento d’emergenza si trovarono fra le mani un’organizzazione che
funzionava perfettamente e sembrò loro inutile distruggere il lavoro fatto.
Decisero, quando se ne fosse presentata l’occasione, di usare la loro
esperienza anche all’università che s’apprestavano ad iniziare. Ma pure in
eventuali altre situazioni.
Un
giorno vennero casualmente in possesso d’un biglietto giornaliero per gli
impianti di risalita di Campofelice.
Vergine, cioè senza data stampata sopra, ci volle ben poco a riprodurne altri e
sciare gratuitamente per tutto l’inverno. E poi, con una vendita sottobanco,
guadagnare qualche soldo da utilizzare in altri divertimenti. Così pure per la
discoteca.
Fu
facile, con quei soldi guadagnati, acquistare veri biglietti d’ingresso al
locale che più andava in voga in quell’inverno e falsificarne qualche decina
per essere presenti ogni week-end. Per una mera necessità tecnica, una carta
speciale su cui erano stampati i biglietti, dovettero entrare in contatto con
una tipografia per poter avere lo stesso tipo di supporto. Qui ebbe luogo
l’incontro con Alfredino Filetti, un
coetaneo che lavorava nella tipografia a cui si rivolsero, era il figlio del
titolare. Alfredino, piccolo di
corporatura ma agile di mente, ci mise pochi istanti a capire quello che i due
avevano intenzione di fare. Era uno sveglio e pratico. Fece una proposta: lui
avrebbe fornito la carta, Maurilio e Iames avrebbero stampato mentre Venanzio Potenza, un suo amico fidato, avrebbe
provveduto a reperire biglietti da altri locali. Insomma, in cinque minuti,
prospettò ai due un business degno d’una mente mafiosa svezzata.
Così
si formò il gruppo dei pasticcioni.
N.B. - Iames, pronunciato letteralmente, era stato così chiamato dal
padre per via d’una vera e propria venerazione che costui aveva per James Bond, quello fu per sempre il suo
nome così goffamente italianizzato anche se, ufficialmente, risultava
registrato all’anagrafe come Calogero
perché Iames non venne mai accettato.
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