I quattro
giunsero al Suca-Suca con l’aria
stralunata dall’eccitazione. Sulla porta li accolse il proprietario, l’amico di
Leone, un certo Gino. L’uomo, alto poco più di un metro e mezzo dall’accento
calabrese incomprensibile, indossava un completo rosso tiziano decorato con
arabeschi dorati, capello riportato tinto color polenta con annesso codino,
volto scavato e occhiaie da cocainomane incallito. Entrarono saltando
direttamente la cassa dove troneggiava un cartello con la scritta Prima consumazione 30 mila. Non ci
fecero troppo caso, loro in fondo erano ospiti. Dentro solo uomini; una diecina
di avvenenti signorine in perizoma ballavano attorno a dei pali. Si trovarono
subito in mano una prima consumazione. Gino
li portò ad un tavolo a bordo pista: spiegò che quello era il luogo più
interessante perché permetteva di avere una posizione privilegiata, oltre che osservare
per bene le signorine che ballavano, anche per la possibilità di contattarle.
Conoscenza la si faceva infilando denaro nelle loro mutandine. Quindi, più
denaro s’infilava, più ci si conosceva. Gino
fece notare un signore, basso e grasso con i baffi e i capelli radi unti, che
infilava poche volte ma evidentemente in quantità contabilmente rilevante
tant’é appariva amicissimo di tutte le ragazze, e di alcune in particolare
poteva sembrare addirittura il migliore confidente. Appena Gino s’allontanò due bionde stratosferiche si presentarono al
tavolo dotate di doppio Magnum di champagne. Erano straniere, avevano uno
strano idioma, parlavano a frasi fatte del tipo:
“…dai facciamo amore…andiamo a letto, tutta la notte…”
o anche un
più commerciale
“…dai belli, facciamo privè…”
Appena
quella disse privé, dopo un istante d’imbarazzata
esitazione, la logica conseguenza per il gruppo fu di trovarcisi invischiato
dentro.
E privé fu.
Duecento
mila per dieci minuti la tariffa, ma tanto loro erano ospiti.
Scegliere
la signorina tra quelle che ballavano non fu facile, erano troppo distratti da ciò
che vedevano, metri quadrati di pelli nude narcotizzarono le loro capacità
decisionali perciò, scelsero la meno carina pensando che fosse quella che ci
sapesse fare di più, sennò che ci faceva una così in posto del genere. Entrano
nel privè. Era uno stanzino appartato
tipo interno roulotte, grande
all’incirca quattro metri quadrati, due divanetti contrapposti, specchi alle
pareti, musica soffusa, palo centrale. Poi entrò la pre-scelta. Una rossa alta
più d’un metro e ottanta, tette gigantesche contenute da un micro costume
perizomato, stivaloni lucidi, che come una provata professionista di strada
esordì con:
“Dai ragazzi, fuori soldi. Se volere lasciare
mancia, io accetto. Se volere qualcosa più, basta pagare…”
Sorpresa
negli sguardi. Poi iniziò a ballare, prima attorno al palo, poi attorno a loro.
All’improvviso si levò il reggiseno e con un colpo secco il perizoma. La donna
nuda si buttò addosso ai quattro totalmente vestiti passando mani e lingua
dappertutto. In verità la lingua la cacciò decisa solo nell’orecchio d’ognuno
per poi sussurrare la stessa:
“…tanta voglia di fare amore…”
I ragazzi in
totale soggezione-balia non sapevano cosa fare e lei, esperta sgusciante come
un’anguilla, riuscì con una disarmante naturalezza a riprendere la posizione
eretta dicendo:
“…finito tempo, dai, facciamo altro privè”
Oramai
erano pronti a tutto, d’un qualsiasi tipo rapporto anche non protetto, pur di
placare quella spinta lussuriosa che li conduceva. Ma vennero stoppati da Gino che bussò alla porta invitandoli ad
uscire oppure a fare un nuovo privè.
Partì così una sequenza di privè non
più di gruppo ma singoli, tutti però con lo stesso deludente epilogo.
Maurilio fu l’ultimo a mollare, gli occhi iniettati di sangue, era
pronto finalmente a copulare quando Gino
si presentò nuovamente alla porta quella volta però scortato da due gorilla e
soprattutto dotato di conto.
Nessuno obiettò alcunché.
Se la cavarono con £.380.000 a testa, circa 196 euro attuali.
Tornarono all’auto e
nessuno fiatò fino a casa. Maurilio,
dopo quegli attimi di virtuale felicità precipitò nella più grigia e cupa
depressione, nulla che mai avesse conosciuto prima.
Solo il giorno
successivo contando i soldi spesi capì che Leone
si era preso un’altra rivincita.
E s’imbrunì
definitivamente.
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