Maurilio chiuse l’album delle foto. Era ormai tarda
notte. S’addormentò. Il mattino successivo la depressione era ancora forte; non
riusciva ad alzarsi dal letto, non gli andava di fare nulla. Erano due giorni
che quella sensazione lo invadeva, si sentiva malato, una sofferenza interiore
che lenta implacabilmente avanzava. In quei momenti la strada che portava al
bagno gli pareva talmente in salita nonché ricoperta da una patina scivolosa da
rendere inutile ogni sforzo per arrivarci.
Non ne
aveva proprio voglia.
Pensò.
“Perché qualcuno non s’inventa un sistema per
farla direttamente dal letto…fantastica idea…bisognerebbe brevettarla una cosa del
genere, ma poi dovrei alzarmi per aprire la finestra…”
Quel
mattino lo stress era oltre il livello di guardia. Maurilio si sentì logorato in modo irreversibile. Era bloccato a
letto immobile, per rompere quello che gli sembrò un malefico incantesimo, in
un istante decise. Di farla nel letto, tanto per assecondare un istinto, a
natura non si comanda. Sentì distintamente che avrebbe vinto l’oppressione che
lo schiacciava.
Si trovò
letteralmente sommerso nel suo nido, la culla profanata, l’intimità invasa come
se fossero entrati in lui violentemente, ed all’improvviso la voglia tornò di
colpo, inaspettata. Come se la vita gli avesse schiacciato un occhio, dandogli
un segnale e dicendogli di non mollare. Maurilio
sentì distintamente di dover ricambiare quella fiducia.
Concluse
fra se.
“E’ proprio vero che la merda non è poi così
brutta come spesso la si vuole dipingere”.
Si alzò e
scrisse quel pensiero con un pennarello indelebile sulla parete del soggiorno,
perenne monito a ricordare, tributo a quelli che non vogliono mollare.
Proprio
in quell’istante squillò il telefono: era Italia.
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