Maurilio passò la giornata a letto.
Dopo quella serata al privè,
carica di grandi propositi conclusasi invece con un nulla di fatto, non
riusciva a far altro che starsene sdraiato in preda ad una sorta di annoiata depressione.
La sua insanabile voglia di sesso lo tormentava come non mai. Si guardava
attorno come a tentare di distogliersi da quel pensiero. Ma non c’era nulla da
fare.
Passarono le ore.
A metà pomeriggio il suo sguardo si concentrò su di un album fotografico
posto sopra la libreria. Si alzò e lo prese. Non c’era un vero motivo per
quell’azione, lo fece e basta, iniziò a sfogliarlo e i ricordi scatenati da
quelle immagini lo invasero facendolo finalmente rasserenare. Alcune foto di
famiglia, lui con i suoi genitori Ignazio
e Ignazia, il fratello Maurizio, l’amico Iames, infine una vecchia foto dove insieme ad altri ragazzini
posava partita di calcio che si svolse nel giardino dei signori Vizzelli.
Aveva,
all’epoca, dieci forse undici anni. Nello splendido prato illuminato da un
caldo sole primaverile si era appena svolta una partita di pallone. L’evento
topico della giornata avvenne alla mezz’ora del secondo tempo: Maurilio
intercettò il cuoio sulla tre quarti avversaria e, palla incollata al piede, si
produsse in un’irresistibile volata sulla fascia. Ma quell’attimo di cotanto
vigore agonistico si trasformò in tragedia, sportivamente parlando. Maurilio cappottò in avanti, inciampando
nelle sue stesse scarpe di un numero più grandi, rotolando secondo la pendenza
delle terre a lui sottostanti e fermandosi in una secca, esternamente, e
puzzolente, internamente, evacuazione intestinale lì prodotta da qualche
animale autoctono.
Risultato:
quel fanciulletto corpo imbrattato da
un ignobile mollume sui 7/8 della superficie utile, urla disumane dissociative
annesse, stridente il contrasto con le grasse risate degli astanti. Tentò
disperato di abbracciare un po’ tutti. L’evento sportivo fu così sospeso.
Maurilio sorrise a quel ricordo:
iniziò a passare l’indice della sua mano destra su quei bambini schierati nella
foto del dopo contesa come a volersi ricordare i nomi di quei volti. Li passò
tutti fino all’ultimo e lì si fermò. Era Sif,
il più grande del gruppo, gli occhi fissi all’obiettivo carichi di triste rassegnazione.
Maurilio prese fiato.
Staccò
gli occhi dalla foto mentre il malumore tornava a prendere il sopravvento.
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