Il Burfo tornò in ginocchio da Italia implorante. Ammise di avere
sbagliato, d’essersi fatto prendere dalla situazione, la verità è che senza di
lei non poteva vivere. Era un uomo solo, affranto, finito. Con l’aria d’un mocio vileda sfilacciato pronunciò con l’ultimo
filo di voce rimasto “…perdonami…”.
Poi il silenzio.
Quella
imprevedibile affermazione sorprese Italia
tanto che decise di dare un’ultima possibilità a quell’uomo così prostrato. Ma
dettò le sue condizioni: lo voleva diverso, meno violento, meno imprevedibile,
più aperto a variabili e in qualunque campo. Burfo, disposto a tutto, accettò anche se faticò per reprimere quel
mostro che gli covava dentro. Italia
aveva sempre l’alternativa vincente nei momenti in cui perdeva la pazienza con
quell’energumeno: una telefonata ad Onan
il guardone bastava a ritrovare il sorriso con solo qualche ora di
acrobazie.
Il
percorso di redenzione, fra alti e bassi, proseguì. Il lavoro duro riguardò l’abolire
ogni forma di violenza, fisica e verbale. In più Italia tentò di aprire il limitato cervello del Burfo introducendo nel loro mènage
qualche gioco appreso da Onan. Una
sera lo volle mettere alla prova. Pensò di utilizzare qualche oggetto e partì
dalle manette.
Chiese
così a Maurilio di procurargliene un
paio. Lui totalmente succube le propose di usare le sue che, in realtà, non
aveva. L’aveva sparata tentando goffamente di fare colpo sulla donna che
rispose con un asettico “ah ok,
portamele…”.
Maurilio era in un guaio. Aveva
mezz’ora per reperire un paio di manette. Pensò a dove trovarle, da chi farsele
prestare o dove comprarle, forse su uno di quei siti che vendono per
corrispondenza oggetti per la coppia moderna. Ma non aveva tempo. Si decise ed
uscì. Meta: un negozio specializzato nella vendita di oggetti militari, armi,
elmi, armature, mimetiche, coltelli. Pensò in rapida successione, prima che il giovane
commesso s’avvicinasse, se lì potessero avere delle manette e quanto potessero
costare e quanto…
“Desidera?”
“Un paio di manette…” e prima che il ragazzetto
potesse replicare aggiunse “…servono a
mio nipote per il suo costume di carnevale…” sperando d’evitare qualsiasi
commento ulteriore.
Tre
secondi di silenzio nei quali lo guardò con aria furba.
“Si, si, certo…” disse sogghignando. Poi
aprì un cassetto da sotto il banco e tirò fuori un pacchetto.
“Queste sicuramente
andranno bene. Originali americane, S.F.P.D., Polizia di San Francisco, le
migliori, in acciaio, perfette per ogni situazione da rendere indimenticabile…centoventisei
euro…” Maurilio deglutì ma il commesso, privo
di scrupoli, chiuse con un “…e sono le
uniche che abbiamo” che non gli diede scampo.
Maurilio pagò ed uscì a testa
bassa.
Prese
l’auto e si diresse verso l’appuntamento con Italia. Nella sua testa immagini confuse lo confondevano: Italia che chiedeva le manette, il giovane
e bastardo commesso, i centoventisei euro, ma soprattutto il Burfo che le avrebbe usate. Si fermò ad
un semaforo. In un istante afferrò i due bracciali metallici e se li strinse ai
polsi. Un sorriso compiaciuto gli si disegnò in volto, come se per quella
volta, avesse vinto lui contro il Burfo.
Il semaforo diventò verde: Maurilio,
preso dal panico, tentò di liberarsi ma vanamente. Dietro una fila di
automobilisti gli ruggì contro. Ingranò a stento la prima e partì saltellando
come un canguro. Guidò assumendo posizioni innaturali che gli fecero rischiare
un paio di tamponamenti. In più il telefonino squillava, era Italia, non
riuscì a rispondere. Voleva arrivare in tempo per evitare una figuraccia,
afferrò la scatola delle manette, riuscì ad estrarre le chiavi. Guidava con le
chiavi in bocca tentando di centrare il buco della piccola serratura; il
telefono ri-squillò. Attimi degni di Henri
Hudini, con un colpo d’orgoglio riuscì a far scattare il meccanismo
liberandosi da quegli angusti bracciali, un attimo di sollievo che però finì
contro il muro che urtò per la disattenzione inevitabile con l’auto. Nemmeno si
fermò. Ripartì sgommando con tutto il davanti dell’auto piuttosto stropicciato.
Italia lo aspettava sotto
casa, lo vide arrivare, osservò la macchina grattugiata ma non chiese niente. Maurilio, con aria sicura, abbassò il
finestrino e porse con sorriso sicuro l’oggetto. Lei lo ringraziò e se ne andò
via di corsa dicendogli che poi gli avrebbe telefonato per i dettagli.
Appena
sparì dalla sua vista Maurilio
scoppiò in pianto disperato.
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