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martedì 6 settembre 2016

post 197: due occhi che ti guardano (inedito - 2016)



Quando tutto sembra finito la vita ti butta in faccia la realtà.
      Intorpidito da tanto dolore, insensibile a tutto, lo credi. Anzi. Te ne sei convinto. Che nulla potrà essere in grado di cambiare lo stato delle cose che hai imparato a sopportare. Te ne fai ragione come se altra possibilità fosse preclusa.
All’improvviso un lampo.
         Due occhi che ti guardano.
       Certo d’essere diventato qualcuno solo da osservare, magari con sospetto, rassegnato di fronte ad un destino accettato perché sentito ormai segnato. In fondo quello che rimane può bastare, così pensi, perché cercare qualcosa che ha sempre provocato delusione ed illusione. Come se ogni volta s’entrasse in una nuova commedia, in punta di piedi, i primi dettagli notati a farti credere che quella fosse la storia giusta. E poi ritrovarsi in un nuovo groviglio, il rischio di saltare definitivamente perdendo le certezze con cui sei nato, tutto si trasforma in altri dubbi e profonde paure. Scivolare inevitabilmente dalla commedia alla tragedia.
     Due occhi che ti guardano.
     La vita non scherza. E quando è il momento, ti mette alla prova senza avvisare. Così, con molta apparente semplicità, realmente con una schiettezza che può apparire brutale ed insopportabile.
      Due occhi che ti guardano.
     C’eri tu davanti a me, c’ero io davanti a te, la confusione attorno. Eppure non percepivo altro che il nostro guardarci. Dentro. Una linea di contatto intoccabile. L’ansia di sapere, conoscersi, avvicinarsi. Bellissima da togliere il fiato, empatica, allo stesso tempo fragile ed impaurita.
      Poi ci siamo allontanati, poi avvicinati, ed ancora. Come in una danza rituale. E nessuno sapeva far niente. Per paura di fare qualcosa. Sperando che qualcosa accadesse, sperando che qualcuno accorresse in soccorso, sperando di poter respirare come dopo aver tenuto il fiato.
        Due occhi che ti guardano.
       Infine un saluto, rapido ma interminabile, una promessa non detta. Che non finiva lì. Poi la paura, il silenzio, il distacco. Il dispiacere col pensiero fissato a quei brevi attimi in cui per l’ultima volta ci siamo sfiorati.
         Non finirà.

         Perché qualcosa è iniziato.

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