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venerdì 31 luglio 2015

post 162: orso (incipit - edito da Narcissus 2013)


Non ho paura della solitudine. Io solo con me stesso sto bene. Mi basto, almeno non soffro la compagnia di qualcuno indesiderato, so quando tacere i miei pensieri rispettando la necessità di silenzio. E’ così sottovalutata la possibilità che si ha di starsene zitti, anche con se stessi, nell’intimità della propria mente.
Soli son quelli che si spaventano a rapportarsi con se stessi.
Corrono inquieti ricercando una presenza fisica a cui proporsi in discorsi auto referenzianti che riguardano solo una cosa: la paura d’affrontarsi. E nemmeno l’idea che la solitudine possa evocare il silenzio ultimo della morte può spaventarmi: penso a chi non c’è più grazie al suo ricordo, in fondo nessuno è mai ritornato alla vita tanto da poterci fare un chiacchierata per comprendere momenti e situazioni ai viventi sconosciute. E perciò dovrei spaventarmi? Per qualcosa di ignoto, per la paura del distacco, o forse più banalmente per il timore di soffrire anche fisicamente nel trapasso dal terreno a ciò che esiste dopo?

Solo, per me, significa pieno.
Di me stesso, dei miei pensieri, espressi senza filtro o censura.


Momento che vale per quello che è; l’occasione migliore per comprendere i propri desideri senza dover usare mille parole che non riuscirebbero nemmeno a delinearne il contorno.

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