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domenica 16 agosto 2015

post 168: lo scrittore (inedito 2015)


Mario, un vecchio amico di mio padre, iniziò a parlare appena ci sedemmo a tavola. Quando incrociò il mio sguardo non riuscì a trattenersi. Il suo lato sadico lo spinse un’altra volta con perfidia ad attaccarmi. Mi chiese come andasse il lavoro, con quel suo solito tono fra il sibillino e il paraculo, e quindi come procedeva la mia carriera di scrittore. Disse quelle tre parole –carriera di scrittore- come se le volesse evidenziarle in giallo per attirare l’attenzione di tutti i commensali. E quando sentì d’aver raggiunto lo scopo, cambiando tono sembrando addirittura dimesso, chiuse domandandomi perché nella sua libreria di fiducia, nella quale da anni era noto cliente, non si trovasse alcuna mia pubblicazione. Lasciando tutti in sospeso, guardanti, in attesa di una mia risposta che li rassicurasse.
Servirono le fettuccine al ragù e restai concentrato su quelle.

Quella parola mi è sempre suonata strana; pubblicazioni mi sa di vecchio, come quell’uomo del resto. Di un’epoca che non esiste più, l’epoca del paltò o del telefax, oppure del fiscalista.
Continuava ad osservarmi con aria compiaciuta perché non rispondevo come lui, e tutti al tavolo in verità, aspettava ed aspettavano.
Non gli ero mai stato troppo simpatico e appena poteva mi aveva sempre punzecchiato in maniera spesso cattiva. Forse perché gli evocavo qualcosa, ero quello che lui non aveva mai avuto il coraggio d’essere, uno che ha sempre rinunciato alle scorciatoie comode per intraprendere i soli percorsi che sentiva consoni.
Mario non sapeva però che quella domanda, ed in generale subire atteggiamenti spocchiosi se non ostili, mi era stata posta tante volte da persone del suo genere. E quanto spesso ero entrato in crisi arrivando a pensare che forse un fondo di verità in quelle parole ci fosse. Per poi arrivare alla vera dimensione della cosa grazie e solo al tempo. Quindi ignorava l’esistenza d’una corazza resistente che m’aveva reso insensibile a quel tipo di bordate vigliacche.
Decisi di farlo aspettare, metaforicamente, dalle fettuccine della sua domanda fino al caffè della mia risposta. Per farlo crogiolare nella sua idea d’avermi fottuto.

Senza preavviso, guardandolo dritto negli occhi e usando tutta la sincerità e l’onestà che mi compongono, dopo aver bevuto il caffè partii senza esitare.

“Di scrittori, in generale di artisti, ne esistono di varie forme. Ci sono quelli puramente commerciali che “fanno” solo per guadagnare denaro. Ci sono altri che vivono il loro momento perché interpretano e perciò “fanno“ prodotti adatti alla moda d’una stagione e comunque con l’unico fine unico di fare soldi. Poi c’è un altro gruppo di artisti che credono di essere dei prescelti –da chi poi non si sa…- e quindi sono concentrati solo sul loro desiderio d’essere unici ed irripetibili ignorando il fatto di proporre opere incomprensibili, autoreferenziali, con l’unico obiettivo di gratificare il proprio ego frustrato. Ci sono poi i veri artisti che mirano solamente al successo ed al riconoscimento sociale meglio se condito da denaro.
Infine ci sono quelli come me.
Derelitti, disgraziati, dolenti. Che vivono con pena l’insensibilità e l’arroganza del loro tempo e sanno che solo quando questo sarà passato verranno riconosciuti. Senza un quattrino in vita destinati ad una morte anonima e senza gloria.
Io, caro Mario, so che vivrò in questa maniera ma fra 150 o 200 anni il frutto del mio lavoro sarà ancora vivo e continuerà a rifiorire. Perché io non scrivo per me, ma neppure per te e per nessuno di voi qui seduti a questo tavolo, io scrivo per quelli che ora non sono nemmeno un pensiero. Per quelli che nasceranno fra decenni, per quelli che sapranno comprendere il vero valore, per quelli che grazie al loro amore riconoscente mi renderanno immortale, per quelli che accoglieranno la mia eredità come spunto per far riflettere le loro coscienze”.

Mario ebbe un sussulto e quasi si soffocò con il caffè.

“Mi guardi come fossi un pazzo, in preda ad un delirio d’onnipotenza, lo comprendo.
Respira sereno.
So che quanto t’ho appena detto è incomprensibile ma non è una tua colpa, tu sei solo un prodotto inconsapevole, in fondo una vittima che nemmeno si rende conto d’essere stata sacrificata tante volte.
I miei libri, se li vuoi trovare, basta saperli cercare.
Ma prima devi capire cosa è per te necessario e quando l’avrai fatto, se ci riuscirai, tutto sarà chiaro e sarai pronto per leggermi”.

Mio padre deglutì nervosamente.
Mario rimase muto per il resto della serata.

Da quel giorno il suo modo di guardarmi cambiò.

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