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giovedì 15 maggio 2014

Again: il design del futuro (7 febbraio 2014)


 

 

         Il nostro mondo è pieno di cose.

         Talmente tante che non stiamo più a chiederci nulla rispetto al loro significato, o valore, o necessità. Passiamo oltre e con il tempo diventano parte del nostro corredo - arredamento mentale - tanto da renderci incapaci di disfarcene il giorno in cui, per una mera mancanza di spazio, le spostiamo e perciò le degniamo, dopo tanto distacco, d’uno sguardo.

In verità non siamo disposti a staccarci da niente, da nulla, forse è solo l’ancestrale terrore dell’abbandono. Più probabilmente è la superficiale condizione di banalità a cui il mondo oggi è arrivato che ci costringe, in qualche modo, a farlo. Non si pensa, e se lo si prova a fare, il tentativo è sempre quello di usare scorciatoie mentali per risolvere un problema nel modo più comodo e rapido possibile.

         L’appiattimento complessivo ha ridotto tutto e tutti ad una sorta di conclamata dipendenza da cose che si ritrovano in ogni casa…cose e casa…cose di casa…siamo tutti proprietari di cose identiche dall’identico inutilizzo, la gerarchia sociale si è andata a stabilizzare su livelli d’appartenenza rispetto a quanto possediamo in virtù del soggettivo potere economico. Livelli: dal basso verso l’alto. Ovviamente. Dalle cose realizzate secondo grandi produzioni industriali, a qualcosa di più evoluto, infine a ciò che è esclusivo o appare tale. Così la società si è divisa e quindi strutturata: la necessità è quella di chi sta in basso d’avere cose appartenenti ai livelli superiori tanto per potersi affermare e farsi riconoscere negli stessi. E così, per chi sta sopra, sempre più cose per consolidarsi nel livello conquistato.

         Fa molta paura chi si pone per quello che è: il mondo si è abituato ed assuefatto alla modalità mascherata dell’anima. E’ più semplice e meno rischioso apparire per ciò che gli altri riconoscono, mimetizzandosi e proteggendosi dietro personalità altrui, piuttosto che concedersi nudi e reali senza più reclinare la testa agli eventi.

Questo fatto, semplicemente, si chiama moda o stile o tendenza, forse in realtà solo una vergognosa menzogna atta a creare interesse e profitto.

         Ma allora, moda, stile, tendenza, a cosa si riferiscono? Ad un puro meccanismo commerciale ben pensato e realizzato –produzione di massa e marketing appropriato- oppure, un’onda emotiva che trascina le masse in una direzione comune –monopolio intellettuale discendente dallo stile reality show- o forse l’opinione enunciata da privilegiati oratori –critici ed esperti e/o presunti tali- che definisce una sottile invisibile linea di confine stabilendo l’in e l’out?

         Ma le cose sono design?

         L’anima e la natura delle persone che pensano e realizzano non muore mai, si sposta da loro a ciò che inventano, definendo così gli oggetti. Chi è stato in grado di fare ciò è definibile artista, meglio, genio. Inizialmente solo pochi lo erano, altri avevano perspicacia, molti s’applicavano nello studio e copiavano con criterio ma ancor di più erano quelli che non lo facevano, i poco preparati e gli incompetenti installati ovunque, quelli che copiavano male, infine, la moltitudine di incolpevoli inconsapevoli masse seguaci di traiettorie convenienti a qualcun altro. Era così e continua ad essere così. E forse sempre lo sarà.

         E’ molto semplice: genio è chi è nato genio, non chi lo vuole essere. O lo sei o non lo sei, diverso è volerlo essere o addirittura provare ad esserlo. Chi pensa e produce oggetti, che si sono evoluti da semplici cose in quanto contengono l’anima e la natura di chi li ha pensati, risponde solo a se stesso. A nessun altra logica che quella. Non c’entra il denaro che può scaturire dalla commercializzazione degli stessi, o dalla valenza che può elevare l’autore nella scala sociale, o dal potere che può derivare a chi li detiene in modo esclusivo o monopolistico. Ogni epoca ha avuto i sui geni, ed ogni epoca futura li avrà. Dovrà sempre essere tenuta in considerazione la necessità che quegli illuminati hanno di cercare nuove forme d’arte, d’espressione, di verità onesta rispetto alla loro natura. E rispettarla seguendola con ossequiosa devozione.

         Quindi, gli oggetti sono design?

         Tornando a noi, alla banale quotidianità, di chi e cosa dobbiamo fidarci?

         Forse una basica riflessione può venirci in soccorso: pensare…ai nostri escrementi…si, proprio quelli che facciamo in quel posto…normalmente al mattino.

Invito, e m’invito, a vederli come il frutto ancestrale, il primo ed unico originale prodotto dell’anima e del corpo. Elemento da tenere in considerazione senza mai declinarlo a mero scarto, bensì, il risultato dell’elaborazione della nostra essenza. Perché il genio, uscendo dalla basica riflessione, elabora con la stessa semplicità con cui noi, comuni mortali, ci ritiriamo ad evacuare…in quel posto.

Ad ognuno il proprio livello, nel senso d’attitudine e capacità.

Bisogna imparare a riconoscere ciò che contiene onestà e verità tralasciando l’inutile ed il superfluo; non trattare o farsi trattare come escrementi ma pensare ad essi come l’opera d’arte che contiene la nostra vera essenza. Basta ricordare i 90 barattoli di Piero Manzoni –gli Artist's shit- ed il geniale intuito che contengono...

Quindi.

         Le cose sono design? No.

         Gli oggetti sono design? Alcuni, solo quelli prodotti da geni.

         Quale sarà il design del futuro? Si apriranno due strade: la prima rappresentata dalla tradizione del genio che inventa e produce come sempre nella storia dell’umanità è accaduto. La seconda, quella percorribile da tutti, troverà sviluppo grazie alla capacità di trasformare ciò che già esiste applicandolo, per esempio, ad un uso diverso da quello originale –riciclo, visto come nuova collocazione concettuale- l’unione e commistione di cose diventano nuovi oggetti e forse design. A patto che, senza falsità o strategici opportunismi, le valutiamo applicando onestamente la basica riflessione per non cadere nell’errore, che può divenire tragico, di confondere le cose trasformandosi in orrore.

Errore ed orrore che purtroppo continuano ad influire ogni giorno di più su ciò che importa, o dovrebbe importare, ad ogni essere umano.

Un mondo diverso, vero, sincero, corrispondente.

 

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