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mercoledì 26 marzo 2014

La stagione degli amori


 

 
          Maurilio visse a diciassette anni la sua prima vera cotta.
S’invaghì come mai prima di una coetanea, una certa Annalisa, e fin qui nulla di strano. Annalisa era la sorellina di Gian Mario Burfoselli detto il Burfo, uno dei componenti del gruppo che stazionava di fronte al bar Sport, centro nevralgico attorno al quale ruotava la vita sociale del quartiere.
Il vero problema si celava dietro la caratteristica principale del Burfo: la necessità quotidiana che questi aveva di usare le mani, e non solo, anche pugni, calci, bastonate o sprangate, contro il primo che l’avesse soltanto guardato in una maniera strana. Passava perciò le giornate alla ricerca di pretesti più o meno validi per poter dar libero sfogo alla sua principale peculiarità.
La storia della cotta perciò stentava a decollare unito al fatto che Maurilio era guidato più che un da nobile sentimento dalla mera necessaria esigenza d’accoppiarsi e la Burfa, così era più nota Annalisa, semplicemente era diventato l’oggetto centrale dei suoi desideri. Anche se qualche scambio di sguardi fra i due era corso la paura di quel fratello tanto violento aveva relegato Maurilio alle sue consuete sedute masturbatorie almeno ora con un soggetto reale a cui ispirarsi e forse, un giorno, potenzialmente raggiungibile.
Maurilio passava quelle giornate dense soltanto d’una rassegnata inutilità che lo portava ad essere sempre più triste ed annoiato. Quando scendeva la notte quel disagio s’ampliava. Non riusciva a prender sonno, si girava nel letto carico d’inquietudine, guardando la sveglia come se questa potesse dargli conforto. Tentava di convincersi che forse era meglio provare a dormire piuttosto che massacrarsi le intimità con l’unico effetto di presentarsi il mattino successivo con delle occhiaie da eroinomane. Ma non ce la faceva: il suo bisogno, unito all’immagine della Burfa, lo tormentava. Improvvisava mirabolanti pensieri erotici dove la sua prediletta lo sollazzava con acrobatiche porno-performance. Pensava alle sue labbra: quel dettaglio lo faceva impazzire. E se poi nella mente le collegava al suo sguardo l’eccitazione lo sovrastava tanto da farlo soccombere ad un nuovo intenso auto-orgasmo. Maurilio aveva questa fissa: gli bastava abbinare l’intensità furba di uno sguardo ad una bocca mediamente carnosa per decollare e la necessità di concretizzare diventava violenta.
Come gli capitò un anno prima alla visita medica di leva: invece di un medico maschio si trovò davanti un capitano donna. Bella, sguardo furbo ed intenso. Maurilio non osò proseguire verso le labbra. Ma sotto, il fratellino, di colpo si svegliò tentando d’emergere. La dottoressa lo auscultava e lui era in pieno imbastonamento. Cominciò a pensare cose che lo potessero aiutare: una vecchia che si toglie la dentiera, la sua prima vomitata causa alcool, il compagno di liceo che attaccava sotto al banco il prodotto delle sue narici.
Ma nessun risultato. Era solo un giovane preda dei richiami del corpo. 
Decise quella notte, dopo un’ultima poderosa palpazione, che l’indomani avrebbe fatto di tutto per unirsi carnalmente. Con la Burfa o no, l’avrebbe fatto, anche a costo di pagare.

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