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lunedì 31 marzo 2014

Iames Balducchelli


 

 

Maurilio e Iames Balducchelli si conoscevano fin dalla nascita. Erano figli di due famiglie che vivevano sullo stesso pianerottolo.
Si frequentarono inevitabilmente fin da piccoli, passarono interminabili giornate nel cortile, teatro di tutti i giochi che la giovinezza contiene. Furono da subito grandi amici, caratteri opposti che si completavano, identica voglia di vivere che li rendeva inseparabili.
Il loro stare insieme li portò a consolidare una fiducia ed un’intimità che, anche da adulti, li rese inscindibili. Frequentarono le stesse scuole, solo il servizio militare li divise, nemmeno quell’anno di forzato distacco riuscì però ad indebolire il loro legame.
Più che amici erano fratelli nonostante entrambi avessero legittimi legami di consanguineità. Ma loro, a differenza, si erano scelti e voluti.
Arrivarono i giorni dell’esame di maturità.
Nonostante la tensione si acutizzasse per quel imminente evento, nella testa dei due altri pensieri ricoprivano un ruolo principale, soprattutto il divertirsi sempre e comunque. Non avevano voglia di studiare in quell’estate torrida, troppe sirene ammaliatrici li distraevano, il loro tempo lo passarono ad ingegnarsi per trovare soluzioni alternative allo studio per poter raggiungere l’obiettivo senza troppo sacrificarsi. Avevano allestito, nella piccola cantina dei genitori di Iames, il loro covo. Si rintanavano in quel posto buio e umido per ore parlando, pensando, progettando. E si attrezzarono con un computer, una stampante, una vecchia fotocopiatrice ed altri strumenti che gli permisero di metter su in poco tempo una vera centrale della falsificazione.
Camuffare, modificare o riprodurre ogni cosa per poi poterne fare un’altra.
Partirono, durante l’anno scolastico, da innocenti falsi relativi alle assenze sul registro di classe per poi passare a finte circolari presidenziali, voti inseriti su registri, compiti in classe modificati…
L’elemento che li univa in quell’impresa, oltre ad un fine comune, era l’assoluta e reciproca fiducia nonché un atteggiamento omertoso verso chiunque potesse avvicinarsi a quel loro mondo o soltanto sospettarne l’esistenza. Quasi un patto di sangue che non fu mai tradito.
Insomma, una sorta di piccola organizzazione a delinquere, che però permise loro di presentarsi all’esame di maturità e superare brillantemente l’ostacolo. Dopo quel momento d’emergenza si trovarono fra le mani un’organizzazione che funzionava perfettamente e sembrò loro inutile distruggere il lavoro fatto. Decisero, quando se ne fosse presentata l’occasione, di usare la loro esperienza anche all’università che s’apprestavano ad iniziare. Ma pure in eventuali altre situazioni.
Un giorno vennero casualmente in possesso d’un biglietto giornaliero per gli impianti di risalita di Campofelice. Vergine, cioè senza data stampata sopra, ci volle ben poco a riprodurne altri e sciare gratuitamente per tutto l’inverno. E poi, con una vendita sottobanco, guadagnare qualche soldo da utilizzare in altri divertimenti. Così pure per la discoteca.
Fu facile, con quei soldi guadagnati, acquistare veri biglietti d’ingresso al locale che più andava in voga in quell’inverno e falsificarne qualche decina per essere presenti ogni week-end. Per una mera necessità tecnica, una carta speciale su cui erano stampati i biglietti, dovettero entrare in contatto con una tipografia per poter avere lo stesso tipo di supporto. Qui ebbe luogo l’incontro con Alfredino Filetti, un coetaneo che lavorava nella tipografia a cui si rivolsero, era il figlio del titolare. Alfredino, piccolo di corporatura ma agile di mente, ci mise pochi istanti a capire quello che i due avevano intenzione di fare. Era uno sveglio e pratico. Fece una proposta: lui avrebbe fornito la carta, Maurilio e Iames avrebbero stampato mentre Venanzio Potenza, un suo amico fidato, avrebbe provveduto a reperire biglietti da altri locali. Insomma, in cinque minuti, prospettò ai due un business degno d’una mente mafiosa svezzata.
Così si formò il gruppo dei pasticcioni. 
N.B. - Iames, pronunciato letteralmente, era stato così chiamato dal padre per via d’una vera e propria venerazione che costui aveva per James Bond, quello fu per sempre il suo nome così goffamente italianizzato anche se, ufficialmente, risultava registrato all’anagrafe come Calogero perché Iames non venne mai accettato.

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