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mercoledì 9 aprile 2014

La partita di pallone



 

Maurilio passò la giornata a letto.
Dopo quella serata al privè, carica di grandi propositi conclusasi invece con un nulla di fatto, non riusciva a far altro che starsene sdraiato in preda ad una sorta di annoiata depressione. La sua insanabile voglia di sesso lo tormentava come non mai. Si guardava attorno come a tentare di distogliersi da quel pensiero. Ma non c’era nulla da fare.
 
Passarono le ore.

A metà pomeriggio il suo sguardo si concentrò su di un album fotografico posto sopra la libreria. Si alzò e lo prese. Non c’era un vero motivo per quell’azione, lo fece e basta, iniziò a sfogliarlo e i ricordi scatenati da quelle immagini lo invasero facendolo finalmente rasserenare. Alcune foto di famiglia, lui con i suoi genitori Ignazio e Ignazia, il fratello Maurizio, l’amico Iames, infine una vecchia foto dove insieme ad altri ragazzini posava partita di calcio che si svolse nel giardino dei signori Vizzelli.
Aveva, all’epoca, dieci forse undici anni. Nello splendido prato illuminato da un caldo sole primaverile si era appena svolta una partita di pallone. L’evento topico della giornata avvenne alla mezz’ora del secondo tempo: Maurilio intercettò il cuoio sulla tre quarti avversaria e, palla incollata al piede, si produsse in un’irresistibile volata sulla fascia. Ma quell’attimo di cotanto vigore agonistico si trasformò in tragedia, sportivamente parlando. Maurilio cappottò in avanti, inciampando nelle sue stesse scarpe di un numero più grandi, rotolando secondo la pendenza delle terre a lui sottostanti e fermandosi in una secca, esternamente, e puzzolente, internamente, evacuazione intestinale lì prodotta da qualche animale autoctono.
Risultato: quel fanciulletto corpo imbrattato da un ignobile mollume sui 7/8 della superficie utile, urla disumane dissociative annesse, stridente il contrasto con le grasse risate degli astanti. Tentò disperato di abbracciare un po’ tutti. L’evento sportivo fu così sospeso.
Maurilio sorrise a quel ricordo: iniziò a passare l’indice della sua mano destra su quei bambini schierati nella foto del dopo contesa come a volersi ricordare i nomi di quei volti. Li passò tutti fino all’ultimo e lì si fermò. Era Sif, il più grande del gruppo, gli occhi fissi all’obiettivo carichi di triste rassegnazione. Maurilio prese fiato.
Staccò gli occhi dalla foto mentre il malumore tornava a prendere il sopravvento.

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