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martedì 8 aprile 2014

Privè


 
I quattro giunsero al Suca-Suca con l’aria stralunata dall’eccitazione. Sulla porta li accolse il proprietario, l’amico di Leone, un certo Gino. L’uomo, alto poco più di un metro e mezzo dall’accento calabrese incomprensibile, indossava un completo rosso tiziano decorato con arabeschi dorati, capello riportato tinto color polenta con annesso codino, volto scavato e occhiaie da cocainomane incallito. Entrarono saltando direttamente la cassa dove troneggiava un cartello con la scritta Prima consumazione 30 mila. Non ci fecero troppo caso, loro in fondo erano ospiti. Dentro solo uomini; una diecina di avvenenti signorine in perizoma ballavano attorno a dei pali. Si trovarono subito in mano una prima consumazione. Gino li portò ad un tavolo a bordo pista: spiegò che quello era il luogo più interessante perché permetteva di avere una posizione privilegiata, oltre che osservare per bene le signorine che ballavano, anche per la possibilità di contattarle. Conoscenza la si faceva infilando denaro nelle loro mutandine. Quindi, più denaro s’infilava, più ci si conosceva. Gino fece notare un signore, basso e grasso con i baffi e i capelli radi unti, che infilava poche volte ma evidentemente in quantità contabilmente rilevante tant’é appariva amicissimo di tutte le ragazze, e di alcune in particolare poteva sembrare addirittura il migliore confidente. Appena Gino s’allontanò due bionde stratosferiche si presentarono al tavolo dotate di doppio Magnum di champagne. Erano straniere, avevano uno strano idioma, parlavano a frasi fatte del tipo: 

“…dai facciamo amore…andiamo a letto, tutta la notte…” 

o anche un più commerciale 

“…dai belli, facciamo privè…” 

Appena quella disse privé, dopo un istante d’imbarazzata esitazione, la logica conseguenza per il gruppo fu di trovarcisi invischiato dentro.
E privé fu.
Duecento mila per dieci minuti la tariffa, ma tanto loro erano ospiti.
Scegliere la signorina tra quelle che ballavano non fu facile, erano troppo distratti da ciò che vedevano, metri quadrati di pelli nude narcotizzarono le loro capacità decisionali perciò, scelsero la meno carina pensando che fosse quella che ci sapesse fare di più, sennò che ci faceva una così in posto del genere. Entrano nel privè. Era uno stanzino appartato tipo interno roulotte, grande all’incirca quattro metri quadrati, due divanetti contrapposti, specchi alle pareti, musica soffusa, palo centrale. Poi entrò la pre-scelta. Una rossa alta più d’un metro e ottanta, tette gigantesche contenute da un micro costume perizomato, stivaloni lucidi, che come una provata professionista di strada esordì con: 

“Dai ragazzi, fuori soldi. Se volere lasciare mancia, io accetto. Se volere qualcosa più, basta pagare…”

Sorpresa negli sguardi. Poi iniziò a ballare, prima attorno al palo, poi attorno a loro. All’improvviso si levò il reggiseno e con un colpo secco il perizoma. La donna nuda si buttò addosso ai quattro totalmente vestiti passando mani e lingua dappertutto. In verità la lingua la cacciò decisa solo nell’orecchio d’ognuno per poi sussurrare la stessa:

“…tanta voglia di fare amore…”

I ragazzi in totale soggezione-balia non sapevano cosa fare e lei, esperta sgusciante come un’anguilla, riuscì con una disarmante naturalezza a riprendere la posizione eretta dicendo:

“…finito tempo, dai, facciamo altro privè”

Oramai erano pronti a tutto, d’un qualsiasi tipo rapporto anche non protetto, pur di placare quella spinta lussuriosa che li conduceva. Ma vennero stoppati da Gino che bussò alla porta invitandoli ad uscire oppure a fare un nuovo privè. Partì così una sequenza di privè non più di gruppo ma singoli, tutti però con lo stesso deludente epilogo.
    Maurilio fu l’ultimo a mollare, gli occhi iniettati di sangue, era pronto finalmente a copulare quando Gino si presentò nuovamente alla porta quella volta però scortato da due gorilla e soprattutto dotato di conto.
     Nessuno obiettò alcunché. Se la cavarono con £.380.000 a testa, circa 196 euro attuali.

   Tornarono all’auto e nessuno fiatò fino a casa. Maurilio, dopo quegli attimi di virtuale felicità precipitò nella più grigia e cupa depressione, nulla che mai avesse conosciuto prima.
   Solo il giorno successivo contando i soldi spesi capì che Leone si era preso un’altra rivincita.
    E s’imbrunì definitivamente.

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